«Si tratta di una decisione di grande valore civile, pur nei limiti delle competenze amministrative. Si riconoscono infatti diritti di persone e legami presenti e diffusi nella nostra società. Ritengo che tali temi debbano essere affrontati anche a livello legislativo», nelle parole di
Marco Doria, sindaco di Genova, si rende evidente la coscienza del fatto che il provvedimento approvato non ha effetti giuridici. Con l’approvazione del Registro infatti, Genova prosegue il cammino delle molte copie conformi che continuano a fiorire in svariate città italiane, collezionando però risultati tutt’altro che lusinghieri. Il fenomeno si censisce senza soste dal 1993, anno in cui Empoli, primo comune in Italia, predispose un regolamento comunale sulle unioni civili con due successive delibere. Negli anni, alcune delle principali città italiane si sono dotate di un registro vero e proprio o di una qualche altra forma di riconoscimento per le coppie di fatto, come per esempio la certificazione di famiglia anagrafica. È il caso di Milano, Napoli, Bologna, Firenze, Bari, Palermo, Padova, Ravenna. Ma ci sono anche città di medie dimensioni come Ancona, Ferrara, Pisa, Bolzano, Perugia, Macerata. Scorrendo l’elenco disponibile, si scopre che in vent’anni sono circa 130 i comuni che hanno approvato i registri di coppie di fatto e di famiglie omosessuali. Ma che i registri finiscano per essere meri atti formali, istituiti più per motivi simbolici che di utilità pratica, è testimoniato dal generalizzato fallimento di questi provvedimenti. Gli stessi potenziali utilizzatori infatti, sono perfettamente consapevoli degli scarsi vantaggi disponibili con l’iscrizione, al di là di una mera certificazione. I vari registri introdotti in questo settore infatti, non introducono un nuovo status giuridico, che resta materia di esclusiva competenza dello Stato, ma si limitano a disciplinare i rapporti delle coppie di fatto relativamente all’erogazione di servizi dell’amministrazione locale, come le iscrizioni nelle graduatorie per le case comunali o i servizi cimiteriali. L’ultimo flop registrato è quello di Cagliari, dove in nove mesi di attività e a fronte di un bacino di utenza di quasi 150mila abitanti, le coppie iscritte risultano essere soltanto nove. In Sardegna anche i comuni di Atzara e Porto Torres aspettano ancora, da sei e due anni, l’avvio di domande di iscrizione. Il caso di Gubbio è emblematico: il registro è stato cancellato dopo dieci anni con un voto bipartisan. Dal 2002 infatti, risultava iscritta soltanto una coppia. Si computano scarse adesioni anche in Trentino Alto Adige: a Trento il registro, attivo dal 2006, contava poco più di 20 coppie; a Bolzano (dove le coppie di fatto possono registrarsi all’anagrafe dal 2003) dal Comune fanno sapere che il trend si attesta su una media di "3 o 4 all’anno", ma la cifra è "ottimistica, visto che non se ne parla e nessuno sa che esista". Nel Comune di Arco, dove il registro è attivo dal 2005, pare resista una sola coppia, visto che le altre tre hanno deciso di cancellarsi (due si sono sposate, una si è separata). Ma secondo i dati disponibili, anche le grandi città soffrono la medesima disaffezione. A Firenze si contano 73 coppie in dieci anni, mentre poco più di un centinaio sono quelle iscritte a Torino dal 2010. E forse, è anche sulla scorta di queste considerazioni che, quasi a ridosso della Giunta genovese, il Consiglio comunale di Gorizia ha preferito scegliere la via opposta e ha bocciato l’idea di un Registro analogo.