Sono nati il 3 agosto scorso, nell’Ospedale "San Salvatore" dell’Aquila, e sono dunque già stati registrati all’anagrafe, i gemelli "contesi", un maschio e una femmina, dopo lo scambio di embrioni avvenuto all’Ospedale Pertini di Roma. Mamma e neonati stanno bene. Nel nosocomio romano, gli embrioni creati attraverso l’inseminazione artificiale di una coppia erano stati per sbaglio impiantati nell’utero di un’altra donna. L’errore ha fatto sorgere una delicata e complessa disputa tra la famiglia genetica e quella della donna partoriente. «Ora nessuno può più toglierceli», hanno affermato i genitori legali.La nascita era prevista tra il 12 e il 14 agosto. Evento, quest’ultimo, che aveva spinto il Tribunale di Roma ad anticipare a venerdì 8 agosto l’udienza fissata il 18 agosto; i genitori genetici chiedevano infatti che il magistrato si pronunciasse prima della nascita per impedire la registrazione dei gemelli come figli della donna che li ha portati in grembo, e di suo marito. Ma ieri il giudice
Silvia Albano, davanti alla presentazione del certificato di nascita dei gemelli presentato dall’avvocato della coppia naturale, ha rigettato il ricorso. Nel provvedimento di 16 pagine, viene detto che il caso non è «suscettibile di ricorso alla Corte Costituzionale», in quanto «contrastante con gli interessi dei minori alla stabilità del loro status e con il loro diritto a vivere con quella che è la loro famiglia, secondo l’ordinamento vigente». Resta per il giudice – cha ha parlato di un vuoto di legge «di fronte a un’eterologa "da errore"» – il «dramma umano dei genitori che si erano rivolti all’ospedale per trovare soddisfazione al loro diritto alla procreazione e a formare una famiglia che potrà trovare tutela solo risarcitoria». Il magistrato ha ribadito che nel «nostro ordinamento i figli sono della madre che li partorisce» e che «non può non ritenersi sussistente un interesse dei minori al mantenimento del legame» di chi li ha partoriti. Soprattutto alla luce del fatto che «i bambini sono già nati e che nei loro primi giorni di vita deve ritenersi abbiano instaurato un rapporto affettivo con i genitori».La coppia genetica ha dichiarato di sentirsi «felice per la nascita dei bambini perché sono sani» ma al tempo stesso «dispiaciuta perché non li possiamo abbracciare». All’Aquila è comunque andato tutto per il meglio. «Ci interessa che stiano bene la mamma e i bambini, gli aspetti etici e giuridici non ci riguardano», ha commentato Gaspare Carta, primario del reparto di Ginecologia del "San Salvatore", specificando che solo dopo il parto ha ricollegato la donna al caso mediatico e giudiziario.L’avvocato
Michele Ambrosini, che difende gli interessi della coppia gestante, ha annunciato comunque «la richiesta di risarcimento», che «verrà fatta anche se sarà problematico stabilire le varie voci». La decisione di partorire «da parte della mia assistita – ha aggiunto – è stata cooptata da due elementi: il primo è quello della volontà di dare alla vita i bambini che aveva in grembo e il secondo dal fatto che le norme la tutelano... Ci sono delle leggi di riferimento anche se si è verificato un errore umano ma la coppia ha fatto una scelta che la tutela».A proposito dell’errore, il direttore generale della Asl Roma B, Vitaliano De Salazar, ha sottolineato che «il centro di fecondazione assistita del Pertini resterà il più sicuro d’Italia. Siamo vicini a tutti per quello che stanno vivendo e ci rimettiamo alla giustizia». A chi gli chiedeva se l’ospedale romano sia pronto ad un risarcimento milionario, De Salazar ha risposto che «le aziende sanitarie sono assicurate per questo».Il caso continua a suscitare discussioni.
Francesco D’Agostino, giurista e membro del Comitato nazionale di bioetica (Cnb), è convinto che vadano giudicati come veri genitori dei gemelli, quelli che «li hanno fatti nascere, ovvero la donna che li ha partoriti ed il marito di lei, e non i genitori biologici».Per
Alberto Gambino, ordinario di diritto civile e direttore del Dipartimento di scienze umane dell’Università Europea di Roma, «è assolutamente necessario normare per legge la risoluzione di errori nelle tecniche di fecondazione artificiale, come quello avvenuto al Pertini. Le tecniche di fecondazione extracorporea – ha ricordato il giurista – comportano sempre un’alea conseguente alla perdita del "governo" dell’atto fecondativo in capo alla coppia e perciò occorre mettere in conto che i "propri" embrioni possano talvolta sfuggire alla "rivendicazione" da parte di chi fisiologicamente ne ha perso il controllo, con conseguente caos giurisprudenziale». Dunque, «una soluzione chiara al caso dello scambio del Pertini – ha proseguito il docente – può venire solo da un intervento del legislatore, che, tenendo fermo il divieto della maternità surrogata, contempli però la possibilità di simili errori e li disciplini con chiarezza. La questione posta dal caso del Pertini – ha concluso Gambino – potrà risolversi solo attraverso la previsione di una deroga eccezionale al principio della responsabilità genitoriale fondata generalmente sul dato biologico, con l’introduzione da parte del legislatore di eccezionali forme di condivisione tra tutte le coppie coinvolte».