sabato 15 giugno 2024
Uno stile di soccorso che guarda solo alla persona bisognosa e alla sua sofferenza, dalle nuove fragilità di casa nostra alle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Parla il presidente Rosario Valastro
«Ovunque e per chiunque»: i 160 anni di Croce Rossa Italiana
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ra il 15 giugno 1864 quando a Milano – con il nome di “Comitato dell’Associazione Italiana per il soccorso ai feriti e ai malati in guerra” – veniva fondata la Croce Rossa Italiana. Da allora sono passati 160 anni, durante i quali la storia della Cri si è intrecciata con quella del nostro Paese, nelle emergenze, nelle celebrazioni, nelle necessità quotidiane dei più fragili. Un impegno umanitario, neutrale e indipendente, che ha solide radici e che guarda al futuro forte di valori che ne guidano da sempre la rotta, come ci spiega il presidente, Rosario Valastro.

Il presidente di Croce Rossa Italiana Rosario Valastro

Il presidente di Croce Rossa Italiana Rosario Valastro - Valeria Collina


«Credo - spiega ad Avvenire - che il significato più importante di questo anniversario sia proprio quello della continuità che sa adeguarsi al cambiamento. La nostra è una tradizione ininterrotta di milioni di volontari che si sono messi a disposizione delle comunità – locali, nazionali, internazionali – sapendo sempre modulare la loro presenza alle necessità del luogo e del momento».

Ma in una società che oggi spesso ci appare più concentrata sull’io che sul noi, come si declina il vostro motto “ovunque e per chiunque”?

Aggiungerei anche “senza alcuna distinzione”, se non quella dovuta a chi ha più bisogno. Perché una delle modalità d’azione di Croce Rossa è proprio quella di aiutare tutti, senza discriminazioni. Tenendo conto, però, della soggettività: “chiunque”, per noi, significa una unione di singole persone, ciascuna con necessità diverse. Considerarle vuol dire saper ascoltare, per poter rispondere sempre nella maniera migliore. Certo, potrebbe sembrare una contraddizione in un momento storico votato all’individualismo. I numeri dei nostri volontari, però - oltre 150mila - ci raccontano una storia ben diversa e il loro impegno ci parla di grande dedizione.


Papa Francesco ricevendovi in udienza ha delineato come vostro campo d’azione uno scenario di «guerre diffuse» dov’è necessario agire per tutelare i civili. Come si garantisce questa protezione?

In contesti di guerra, si agisce tramite il Comitato Internazionale, depositario delle Convenzioni di Ginevra, e si cerca di dialogare con tutte le parti in conflitto per facilitarne il rispetto. Le scietà nazionali, poi, supportano la Croce Rossa o la Mezza Luna Rossa degli Stati in conflitto. In Ucraina, per esempio, abbiamo mandato personale e mezzi per la distribuzione di beni di prima necessità e medicinali; finanziato la costruzione di moduli abitativi provvisori; inviato ambulanze e personale sanitario per assicurare i servizi che i medici di famiglia non potevano più garantire. A Gaza abbiamo spedito 231 tonnellate di farina, diventate pane distribuito nei campi profughi, e partecipiamo all’iniziativa del governo italiano per una miglior assistenza sanitaria. Mantenere attivi i soccorsi, però, oggi è difficile, così come lo è assistere la popolazione civile, perché spesso mancano le condizioni minime di sicurezza. È come se si fosse azzerata quella tradizione giuridica, oltre che umana, di rispetto delle Convenzioni di Ginevra secondo le quali i civili e il personale umanitario non devono essere attaccati perché non sono un target militare.

Come non dovrebbero esserlo mai i bambini che, sempre nelle parole del Papa, «negli scenari di guerra non sorridono più».

Le parole del Papa sono tristemente vere, perché la sofferenza maggiore è proprio quella dei più indifesi. I nostri volontari cercano sempre di creare qualche spazio di “normalità”. Anche i bambini, però, respirano l’ansia e la paura degli adulti. E non è facile immaginare un gioco mentre intorno a te suonano gli allarmi e bisogna correre nei rifugi.

Nel vocabolario della Croce Rossa ci sono parole fondamentali: come “dialogo”...

Il dialogo oggi è quanto mai necessario, e i nostri volontari lo rendono possibile perché vivono le comunità anche da cittadini, le conoscono e possono supportarle per renderle più forti. Per dialogare, però, serve anche fiducia reciproca, che nasce dalla capacità di porsi in ascolto, per cogliere il bisogno dell’altro, senza giudicare mai.



Rispetto, dignità, umanità: anche queste parole guidano il vostro servizio...

L’umanità è uno dei nostri princìpi fondamentali: Croce Rossa è nata proprio per alleviare il dolore dei più fragili e per preservarne la dignità in tutte le circostanze, negli eventi più drammatici come nella quotidianità dei progetti sul territorio. Senza nessuna eccezione. Con amore, attenzione ed efficienza. Perché è importante anche saper utilizzare al meglio le proprie risorse.

Cosa c’è nel futuro di Croce Rossa?

La capacità di avere una visione delle nuove vulnerabilità che il futuro porterà con sé. Dobbiamo farci trovare preparati e intercettarle prima che aumentino la sofferenza di chi è più in difficoltà. Perché domani avremo nuove sfide, certo, ma anche nuovi strumenti per fronteggiarle.

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