venerdì 19 settembre 2014
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«Sicuramente è un modo di spingere le donne a donare in un momento in cui c’è emergenza di gameti, soprattutto femminili». L’annuncio ben pubblicizzato dell’eterologa “incrociata” in programma all’ospedale Cervesi di Cattolica non stupisce Lorenzo D’Avack, giurista, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica e tra i membri del tavolo tecnico convocato dal ministro Lorenzin prima dell’estate per la stesura della proposta di decreto sulla nuova provetta.Che ne pensa di questo caso?Credo si debba tener presente che nello scambio di gameti tra due coppie viene in qualche modo esaltato il principio della volontarietà e della gratuità della donazione. Proprio quegli elementi, cioè, che rendono pressoché impossibile agli ospedali raccogliere gameti in quantità sufficienti, visto che nessuna donna decide di sottoporsi all’invasivo trattamento di stimolazione ovarica e di prelievo degli ovociti soltanto per generosità. In questo caso succede invece che la donazione ottiene un compenso indiretto, e questo compenso è un figlio, anzi due.È difficile sentir parlare di figli in questi termini...L’eterologa ha alla sua base il principio della donazione e all’eterologa personalmente sono sempre stato favorevole. Nello specifico ho l’impressione che questo caso, amplificato dai media, abbia in qualche modo l’obiettivo di spingere le donne a donare. Quel che mi preoccupa e mi interroga, tuttavia, è la debolezza della situazione normativa in cui il tutto avviene.Può spiegarsi?Siamo l’unico Paese a trattare l’eterologa come fosse un giocattolo, ostinandoci a paragonarla all’omologa e restando privi di una legge nazionale. Il risultato è che siamo già nei pasticci: si prenda la questione dell’anonimato. È semplicemente assurdo pensare che questi fratelli non possano conoscersi, proprio come è assurdo per i gemelli “vittime” dell’errore del Pertini di Roma. Molte normative europee in merito si sono aggiornate e hanno stabilito il diritto alle origini dei figli e la trasparenza della donazione. Anche la Consulta si è espressa in questo senso. E la bozza del decreto Lorenzin prevedeva che a una certa età si potesse accedere alle informazioni sui propri genitori biologici, ma è stata bypassata dalle Regioni.A che pro secondo lei?Si crede che l’anonimato garantisca più donazioni. Ed è la verità visto che in un Paese come la Svezia, per esempio, si era partiti con l’anonimato assoluto, si è approdati alla totale reperibilità dei donatori e con quest’ultima gli ospedali sono rimasti sguarniti di gameti. Il diritto inalienabile dei figli tuttavia resta un punto fermo riconosciuto da tutti: devono sapere da dove vengono.
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