A poco più di 20 giorni dalla sentenza che ha sdoganato la fecondazione eterologa in Italia sta già bruciando la febbre del business. Secondo i dati presentati dalla presidente dell’associazione dei centri di fecondazione Cecos Italia, Elisabetta Coccia, sarebbero più di 3.500 i contatti di coppie per accedere alla procreazione medicalmente assistita con gameti altrui. Un vero e proprio boom – sempre stando alle cifre di Cecos – che metterebbe a dura prova i centralini delle cliniche, subissati di richieste di chiarimenti. Da parte dei centri privati (quelli pubblici non sono autorizzati a effettuare la fecondazione eterologa) c’è molta fretta di cominciare. Saltare in nome di uno snellimento delle procedure il passaggio della discussione parlamentare su quali regole porre all’eterologa per evitare l’effetto-liberi tutti sembra essere l’obiettivo di Cecos che, per voce della presidente Coccia, chiarisce come «i Centri sarebbero tecnicamente pronti a effettuare questo tipo di interventi» ma «non potremo partire se il Ministero non darà indicazioni per chiarire il quadro di riferimento». E per fare questo «non c’è bisogno di un intervento parlamentare, che allungherebbe i tempi».
Non credo ci sia una così forte domanda di eterologa, chiederei piuttosto che i dati venissero certificati da un ente terzo: l’Istat o l’Istituto superiore di sanità», commenta Eugenia Roccella (Ncd) già sottosegretario alla Salute. «Da sempre le pressioni sulla legge 40 non vengono dai cittadini italiani che invece, chiamati al voto referendario, si erano espressi in maniera netta. Vi sono però interessi molto precisi sostenuti da una piccola lobby di centri privati che cercano di ampliare il loro giro di affari». Ma è davvero possibile cominciare subito? «È impossibile partire entro breve – chiarisce Roccella –. Anzitutto aspettiamo le motivazioni della sentenza della Consulta, per capire effettivamente cosa sia stato toccato nella legge. C’è poi una serie di problemi che non possono essere risolti da linee-guida ministeriali, a partire dal recepimento delle norme europee di tracciabilità e sicurezza che, già inserite per la procreazione assistita omologa con una norma primaria, ora, per l’integrazione relativa all’eterologa, necessitano dello stesso strumento».
Invita alla cautela anche Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale di Scienza & Vita: «Che ci siano molte coppie che chiedono informazioni non significa che oggi ci troviamo di fronte a un’emergenza procreativa, elemento che risulta quantomeno sorprendente se si pensa al deserto demografico che investe il nostro Paese. Prima di pretendere indicazioni pragmatiche immediate da parte del Ministro della Salute mi sembra più prudente attendere le motivazioni della sentenza e aprire il dibattito parlamentare su un tema tanto delicato quanto problematico». I nodi da dirimere non mancano, e cominciano anche le cause patrimoniali. Il primo caso è quello di una donna quarantacinquenne, madre di un bimbo di sei anni nato da fecondazione eterologa. Oggi chiede un risarcimento dei danni perché, dopo aver speso oltre 10mila euro in Spagna, «il divieto di eterologa in Italia mi ha impedito di fare un secondo intervento nel mio Paese per avere un altro bambino».
All’indomani della proposta di legge ispirata da Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, e presentata dai deputati Paola Binetti (Udc) e Gian Luigi Gigli (Per l’Italia), che chiede l’istituzione di un "curatore" che intervenga nei processi civili a tutela del nascituro, c’è chi reclama un segnale forte. «È partito ufficialmente il business della vita, e la politica tace – osserva Mario Adinolfi, giornalista e blogger pro-life –. Attraverso le sentenze si saltano i passaggi della democrazia, come associazione "Voglio la mamma" protesteremo in tutta Italia. I cittadini vogliono riprendersi la titolarità delle decisioni e i partiti devono avviare la discussione. Non si possono far decidere i giudici su temi così delicati: il far west che ne consegue permette al Cecos di fornire numeri quantomeno strambi. Renzi e il ministro Lorenzin devono portare la questione in Parlamento».
In una nota il Ministero della Salute conferma la necessità di regolamentare la fecondazione eterologa «in sede opportuna ed evitando scorciatoie». Solo dopo che si conosceranno le motivazioni della Corte Costituzionale «sarà possibile per il Ministero individuarne le modalità di attuazione». Inoltre «saranno molti gli aspetti da regolare, con diversi provvedimenti, sia di tipo amministrativo che legislativo», e bisognerà «ascoltare gli operatori del settore e i soggetti coinvolti».