martedì 25 giugno 2024
La presenza del Movimento per la Vita al 1° Festival del network associativo "Ditelo sui tetti" dedicato alla ricostruzione dell'umano "tutto intero", contributo a un pensiero all'altezza della sfida
Un momento della due giorni organizzata a Roma da "Ditelo sui tetti"

Un momento della due giorni organizzata a Roma da "Ditelo sui tetti"

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Il 1° “Festival dell’umano tutto intero” organizzato a Roma il 18 e 19 giugno dal network associativo “Ditelo sui tetti” è stato dedicato al tema dell’umano nel dibattito pubblico attuale e nelle relative proposte normative ricercando di quale concezione dell’uomo esse siano conseguenza, in Italia e non solo, con l’obiettivo di far rifiorire il dialogo.

Si constata infatti che il confronto tanto mediatico quanto politico sulle questioni più cruciali (sostegno alla maternità, gender, utero in affitto, immigrazione, eutanasia, sostegno alla fragilità, riforme sulla famiglia e la natalità, tutela dell’infanzia, crisi internazionali, scuola ed educazione) si deteriora spesso fra pregiudizi contrapposti, ideologici o moralistici. Sono state lanciati spunti per allargare lo sguardo su una visione dell’umano tutto intero e non spezzettato.

Come ha ben ricordato nel suo intervento il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, «il lavoro e l’impegno profuso dal network “Sui tetti” è tutt’altro che una riflessione di nicchia e si inserisce invece a pieno titolo in questo solco: mettere al centro l’uomo, la riflessione su di esso e sulle domande di fondo che accompagnano l’esistenza umana, per evitare di seguire le sirene delle nuove ideologie e costruire invece politiche il più possibile veramente corrispondenti a ciò che è umano, al servizio dell’uomo “tutto intero”, senza cedere a visioni parziali, provvisorie, secondo le mutevoli mode dei tempi».

All’orientamento nella mentalità dominante e nelle norme che propongono un umano ridotto solo ad autodeterminazione è stato dedicato il pomeriggio del 18 giugno. In particolare, nel panel “Maternità: il crinale fra stupore, abbandono e compravendita della vita” sono intervenuta, tra gli altri, portando la testimonianza dell’opera quotidiana, concreta, dei Centri di aiuto alla Vita a sostegno delle maternità e genitorialità difficili. Una donna lasciata sola è davvero così libera di scegliere? Una donna che ha perso il lavoro, che è stata lasciata dal compagno, che i genitori hanno sbattuto fuori di casa, è davvero così libera di scegliere? Verità e libertà sono aspetti che appartengono a un impegno operoso che non grida all’ideologia ma che silenziosamente si mette a fianco di donne, coppie e famiglie rimaste sole che chiedono di essere ascoltate e accolte. E come non richiamare anche il valore sociale della maternità. Tutti siamo chiamati a sostenerla, non è una questione che riguarda solo la donna. “È un problema tuo”, si sentono dire spesso le donne che si scoprono incinte. Riflettiamo: finché un figlio sarà considerato un “problema”, si continueranno a studiare risposte più o meno adeguate per “risolverlo”.

Per rispondere allora a quella domanda di senso e di bellezza che mai abbandona il cuore dell’uomo e che offre la ragione oggettiva per rispettare la vita in ogni momento, specie quella del più povero tra i poveri, ossia del bambino non ancora nato, è intervenuta, a conclusione della prima giornata, Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano: «Abbiamo raggiunto tante conoscenze, soprattutto nel campo della tecnica, ma è evidente lo smarrimento di fronte al significato dell’uomo, soprattutto dell’uomo tutto intero, non a brandelli o a pezzetti, a seconda delle fasi della vita. Lo sguardo dell’uomo non si limita, non si accontenta, cioè, di vedere le cose nei segni materiali, nelle forme esteriori, nella loro materialità, tangibilità, ma va oltre la visibilità sperimentabile cercandone il senso, la ragione, l’oltre. Tutti abbiamo bisogno di un orizzonte di senso. L’uomo è un insaziabile cercatore di senso, anche del senso di se stesso».

Lo sguardo che si interroga sul senso chiama in causa la libertà di cui l’uomo è dotato. Dove scelgo di posare il mio sguardo? Come guardo? Cosa vedono davvero i miei occhi? Nell’intreccio tra sguardo e libertà c’è la ricerca del senso, del significato dell’uomo, la domanda sul valore della sua vita. In ogni caso, perché l’uomo sia riconosciuto come uomo tutto intero senza scarti, occorre almeno percepirne il mistero, cioè la sua trascendenza rispetto alla materia, il suo valore nell’ordine del creato.
Se usciamo da questo sguardo, scivoliamo in una esaltazione dell’“io” e del “mio” le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E allora tutto si trasforma e si deforma: l’uomo può essere considerato “un grumo di cellule”, “un vegetale”; la libertà diventa autodeterminazione assoluta che finisce per distruggere gli altri e se stessi; la democrazia una mera conta numerica (manipolata dal potere mediatico), la dignità viene misurata con il criterio efficientista o del benessere fisico e psichico e sostituita con la qualità della vita intesa in chiave selettiva. Ecco qui gli occhi sofferenti di una società di esclusi, espulsi, emarginati.
In questo sguardo rivolto all’umano tutto intero non possiamo quindi dimenticare il concepito.

Scrisse Carlo Casini nel 1985: «Questo piccolo essere che potrebbe stare nel palmo della mia mano, è uno di noi, un nostro fratello, accomunato dal nostro stesso destino. Bisogna avvertire lo stupore per la meraviglia che egli è. Ogni vita che inizia è frutto della fatica dell’universo, dello spazio e del tempo, dell’evoluzione e delle generazioni. [...] Di fronte a lui riproponiamo la domanda: è o non è, egli, il valore e il senso del creato? Se la risposta è positiva abbiamo detto che l’uomo è sempre un valore, è sempre un fine in ogni circostanza e quali che siano le condizioni della vita. Se “lui” è un valore, allora tutto il creato ha un senso, anche se percepito in modo intuitivo e misterioso. L’universo deve avere un significato, con il suo succedersi delle generazioni. Vale allora la pena di vivere. Non vi è spazio per il pessimismo. Ogni figlio è l’istintiva speranza che il bene alla fine supererà il male, che il futuro potrà essere migliore del passato. Le delusioni e gli insuccessi non sono definitivi. Possiamo ancora ritentare, giocare la scommessa, tentare l’avventura: “Per ritrovare speranza bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra”».

Marina Casini ha concluso il suo intervento con una bellissima meditazione di Joseph Ratzinger rivolta al Movimento per la Vita italiano, contenuta nel libro “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”: «Chi è l’uomo? E proprio il più debole e indifeso, colui che non ha né potere né voce per difendersi, colui al quale possiamo passare accanto nella vita facendo finta di non vederlo. Colui al quale possiamo chiudere il nostro cuore e dire che non è mai esistito. E così, spontaneamente, ritorna alla memoria un’altra pagina evangelica, che voleva rispondere ad una simile richiesta di definizione: “Chi è il mio prossimo?”. Sappiamo che per riconoscere chi è il nostro prossimo occorre accettare di farsi prossimo, cioè fermarsi, scendere da cavallo, avvicinarsi a colui che ha bisogno, prendersi cura di lui. “Ciò che avrete fatto al più piccolo di questi miei fratelli lo avrete fatto a me” (Mt. 25,40)».
Vicepresidente Movimento per la Vita italiano


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