No a matrimoni "di serie B", sì alla parificazione dei matrimoni omosessuali senza se e senza ma. Lo chiede la corrente di sinistra della magistratura che organizza un convegno in un’aula della Camera dei deputati in collaborazione con associazioni di area gay. Giovedì c’era stata l’accelerazione, proprio a Montecitorio, con l’approvazione del "divorzio breve". Che rischia di dar vita, se il Senato non porrà rimedio, al "matrimonio breve", che sarà possibile rescindere dopo soli 6 mesi se i coniugi sono consenzienti.Ma, evidentemente, non basta. Sui matrimoni gay l’attacco al legislatore «inadempiente» è diretto, già dal titolo: «La costituzione e la discriminazione matrimoniale delle persone gay, lesbiche e delle loro famiglie». Organizzatori di questa giornata di studio, con Magistratura democratica, "Articolo 29" (portale giuridico sulla questione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere) e la rete Lendford, avvocatura per i diritti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans). Per una volta magistrati ed avvocati all’unisono, peraltro, visto che il convegno è accreditato dall’Ordine degli avvocati di Roma con l’attribuzione di 8 punti di aggiornamento professionale.Ciò nonostante, non è affollatissima la nuova aula dei gruppi parlamentari che ospita il convegno. «L’istituto matrimoniale deve essere accessibile a chiunque, senza discriminazioni», afferma Giuditta Brunelli, docente di Diritto pubblico a Ferrara, e scatta l’applauso liberatorio. Ci si era a lungo interrogati se si possano concepire strade alternative, o intermedie, partendo dall’omofobia per arrivare alle unioni civili. Ma se quella anti-omofobia, per Brunelli, è solo una «legge manifesto», anche le unioni civili, «fosse pure in una forma di sostanziale parificazione al matrimonio, configurerebbero una discriminazione. Le questioni nominali hanno un loro senso - spiega - e il tema del mancato accesso da parte di tutti all’istituto del matrimonio si porrebbe comunque».Le strade indicate per arrivarci sono molte e tutte prese in prestito dalla Costituzione nel combinato disposto con la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo: dalla tutela delle minoranze al principio di uguaglianza. Negli auspici dei relatori e degli organizzatori si tratterebbe di far uso della strada aperta dal Trattato di Lisbona, in un contesto in cui molti Paesi europei hanno già introdotto il matrimonio gay. Strada non preclusa - si sostiene - dalla sentenza 138 della Consulta del 2010 che rinvia al legislatore nazionale. Ma il nostro legislatore, per Barbara Pezzini, docente di diritto costituzionale a Bergamo, è «arretrato», «riluttante», «incapace» e «palesemente inadeguato». E allora bisogna tentarle tutte: le unioni civili sarebbero il primo passo, per poi veder sancita a suon di ricorsi la permanente discriminazione e arrivare alla parificazione definitiva. «Ma - chiedono dalla platea -, se uno procede lo stesso alle pubblicazioni e celebra il matrimonio, non può essere una strada?». No, convengono i relatori, ne verrebbe fuori solo l’ennesimo ricorso dell’Avvocatura dello Stato, «e la Consulta non potrebbe che arrivare alle stesse conclusioni».La strada invece è quella di fare pressione sul Parlamento, proprio come oggi con questo convegno, che registra nel pomeriggio anche l’intervento di Stefano Rodotà, da tempo a favore dei matrimoni gay come «preciso dovere del Parlamento». In serata interviene Anna Canepa, presidente di Md, che quasi frena: «Il nostro non voleva essere un tentativo di sostituirsi alla politica, ma una sollecitazione. I diritti delle
famiglie omosessuali non possono restare questione privata», spiega.«Non mi illudo di cambiamenti a breve», si duole però la professoressa Pezzini. Una partita tutta da giocare, quindi. Mentre sembra avanzare veloce quella del divorzio breve. Al Senato faremo presto», taglia corto Anna Finocchiaro del Pd. Ma intanto, dopo che il testo è passato alla Camera quasi all’unanimità - con la sola eccezione, al di là dei singoli dissenzienti, del "no" dei Popolari per l’Italia - sembrano attrezzarsi in modo diverso anche altri gruppi. Promette «battaglia durissima» il senatore Carlo Giovanardi per il Ncd, che parla di «decisione affrettata». Si tratta di una «norma che finirà per ledere i soggetti più deboli, i figli minori e il coniuge economicamente e socialmente più fragile», dice Alessandro Pagano, fra i pochi a dare battaglia, per Ncd, alla Camera. «Non va bene l’equiparazione fra coppie con e senza figli», dicono per Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia. Ma nella fretta, alla Camera, non è mancato anche il loro voto a favore. Ora, forse, una riflessione più accurata si impone.