Dieci argomenti per fermare i tre ricorsi contro il divieto di fecondazione eterologa nell’articolo 4, terzo comma, della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma), che verranno discussi oggi dalla Corte Costituzionale.A inviarli alla Consulta in una lunga memoria a difesa della costituzionalità della norma sono stati i presidenti di tre radicate associazioni a difesa della vita e della famiglia: Carlo Casini (Movimento per la Vita), Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello (Scienza & Vita) e Francesco Belletti (Forum delle associazioni familiari). Le riflessioni proposte dai quattro presidenti ai giudici costituzionali – che oggi dovrebbero occuparsi solo dei ricorsi a favore dell’eterologa e non anche di quelli contro il divieto di diagnosi pre-imipianto e di uso degli embrioni per la ricerca – sono «esclusivamente di ragione». Vediamole punto per punto.Premesso che a motivare il documento è la constatazione che sinora «è mancata del tutto una difesa della costituzionalità della legge» e «del principale interessato, il figlio generato con la tecnica della Pma», i quattro esponenti del mondo <+CORSIVOA>pro-life<+TONDOA> italiano ricordano anzitutto «il primato dei diritti e interessi del figlio rispetto a quelli degli adulti» come risulta dalla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. Un secondo punto riguarda «il rispetto della discrezionalità politica del legislatore ordinario», un principio – ricordano i presidenti – «ripetutamente affermato» dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha rammentato l’esigenza di rispettare l’«ampio margine di apprezzamento degli Stati, più adatti a cogliere la sensibilità dei popoli». Va poi considerata l’«impossibilità di richiamare l’istituto dell’adozione per giustificare la Pma eterologa», cioè ottenuta con gameti di "donatori" (quasi sempre a pagamento) estranei alla coppia, perché «l’adozione è un mezzo per dare una famiglia a un minore, e non un mezzo per dare un figlio a una famiglia che non ce l’ha» come l’eterologa. A pesare sul giudizio della Corte dovrebbero anche essere «il dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli», come previsto dallo spirito dell’articolo 30 della Costituzione, il «diritto del figlio ad avere un padre e una madre certi sotto il profilo genetico, sociale e giuridico» e il «diritto del figlio alla conoscenza delle proprie origini».Su quest’ultimo punto viene citata la sentenza con la quale la stessa Consulta il 18 novembre 2013, chiamata a pronunciarsi sulla legge che autorizza la segretezza del parto, ribadiva «il diritto del figlio a conoscere le proprie origini e ad accedere alla propria storia parentale». Le associazioni ricordano poi l’«inesistenza di un diritto al figlio (a qualsiasi costo)»: se infatti «il desiderio di avere un figlio è certamente lodevole», tuttavia «non è pensabile che esso possa costituire un diritto assoluto». Inoltre non ha senso invocare l’articolo 32 della Costituzione (diritto alla salute) perché la fecondazione non è certo «una cura per la malattia» visto che «anche dopo la nascita di un figlio a seguito di Pma la sterilità rimane». Gli ultimi tre punti inviati alla Consulta riguardano l’«inesatto richiamo della disciplina dell’aborto volontario», «le differenze tra Pma eterologa e omologa», che essendo profondamente diverse non possono essere trattate in modo identico invocando l’articolo 3 della Costituzione, e la sentenza definitiva con la quale la Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso della legge austriaca sulla fecondazione artificiale rimandava alle leggi nazionali salvando il divieto di eterologa.