Sono andato subito a leggere il capitolo dedicato a Dino Buzzati nel libro di Carlo Zanda, Una misteriosa devozione. Storie di scrittori e di cani molto amati (Marcos y Marcos, Milano 2014, pp. 286, euro 18), e il test è stato ampiamente positivo: ottima scrittura, informazione adeguata, controllo emotivo esauriente. Buzzati era notoriamente affezionato ai suoi cani: ne ebbe parecchi, li disegnò, li dipinse, li riversò nella sua narrativa. Al can barbone Toby il grande scrittore dedicò un racconto ora nel volume Lo strano Natale di Mr. Scrooge; due boxer, in successione, furono chiamati Napoleone, e Buzzati arrivò a chiedere «all'imbianchino di non cancellare una certa macchia sul muro bianco, sotto il tavolino, nel punto in cui Napoleone II per anni era andato ad accucciarsi le volte in cui era arrabbiato o si sentiva triste».Dopo il felice esordio buzzatiano, ho letto il libro dalla prima all'ultima pagina, e volentieri riconosco che Zanda è stato abilissimo nel non sbilanciarsi in ridicole e abusive "umanizzazioni" dei cani, attribuendo loro sentimenti che sono soprattutto dei loro padroni, e tuttavia restando ammirato di fronte al rapporto di complicità, di affetto, di sintonia che viene a stabilirsi tra l'uomo e il cane, rapporto in cui l'aggettivo d'obbligo è "misterioso": lo usa anche Freud, ed è l'ammissione di una rinuncia, per incapacità, a capire, ma nel contempo è presa d'atto di una relazione che occupa largo spazio nella vita di una persona.In 45 capitoli, Zanda racconta, il lato "canino" di scrittori del passato e attuali, molti conosciuti di persona, in quanto colleghi giornalisti. Si viene così a sapere, per esempio, che la poetessa Elizabeth Barret trovò il coraggio di sfidare il padre e i fratelli pagando per la terza volta il riscatto per il cocker spaniel di nome Flush, rapito dalla banda Taylor specializzata in questo genere di sequestri. Era il 1° settembre 1846 e, il 19 dello stesso mese, Elizabeth fece di nascosto i bagagli, sposò il poeta Robert Browing e con lui si trasferì a Firenze. Sarà Virginia Woolf, nel 1933, a scrivere un libro intitolato appunto Flush, che è una «biografia di Elizabeth Barret Browning attraverso gli occhi del suo cane, oppure la biografia di Flush attraverso gli occhi della sua padrona».Cena speciale per il compleanno di Crab, cocker spaniel prediletto da Tomasi di Lampedusa: «150 grammi di pasta con piselli, 200 grammi di carne di cavallo, tartine di pane col miele». E Curzio Malaparte, quand'era in viaggio, era talmente tenero con Febo da inviargli cartoline dopo averle tenute su di sé per qualche giorno, affinché il cane potesse riconoscere l'odore del padrone. Gabriele D'Annunzio spingeva l'ostentazione fino a circondarsi da decine di levrieri; quando Jo-fi si raddrizzava sulle zampe, Sigmund Freud capiva che la seduta era terminata; per non parlare di Thomas Mann che trasfigurò il suo Motz nel Percy di Cane e padrone.La passeggiata con i cani degli scrittori è spiritosa e suggerente. Peccato che Zanda abbia dimenticato Basket, il barboncino di Gertrude Stein dal quale, vedendolo bere, la scrittrice apprese la differenza tra una frase e un paragrafo.Nel capitolo finale è spiegata la genesi del libro, nato dal rapporto di Zanda e di sua moglie Chicca Gagliardo con Cara, la cagnolina da cui erano stati scelti. L'ultima parola è ancora di Buzzati: «L'amore senza riserve e spesso disperato del cane verso l'uomo – amore, notiamo bene, che il cane generalmente nega al suo prossimo, cioè agli altri cani – è uno dei fenomeni più commoventi ma soprattutto più misteriosi che avvengono quotidianamente sulla Terra». Insomma, rovesciando un luogo comune, possiamo ben concludere che l'uomo è il migliore amico del cane.
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