Il post che commento oggi è lieve quanto un filo di vento. Dice testualmente: «In questi giorni in cui si sfiorano i 40 gradi la nostra chiesa si mantiene sui 25 gradi. È possibile recitare una preghiera rimanendo anche un po' al fresco». È comparso sulla pagina Facebook ( tinyurl.com/yxpc7p7d ) della chiesa della Salute di Torino lo scorso 27 giugno (me lo ha segnalato la collega Francesca Lozito, piemontese di ritorno). La chiesa in questione è un santuario costruito all'inizio del Novecento, ma ben piantato, per ubicazione e per vocazione, dentro alla storia della città. Si trova a Borgo Vittoria, zona che vide sventata nel 1706 la minaccia dell'assedio francese. È dei Giuseppini, la congregazione fondata da san Leonardo Murialdo, “prete sociale” del XIX secolo, del quale custodisce da quasi 50 anni le spoglie mortali. Oggi, come raccontano sia i social network sia il sito ( tinyurl.com/y2rthv2d ), è una parrocchia molto viva. Che, a quanto pare (la foto che accompagna il testo mostra inequivocabilmente un vecchio termometro da ambiente inchiodato sulla temperatura promessa), può vantare anche una chiesa fresca. La bellezza del post, nella sua semplicità, sta nel fatto che non si accontenta di fare una battuta: vieni qui che stai al fresco. Chi entrerà nella chiesa non potrà esimersi dal pregare, perché quella è la casa del Signore. Tuttavia, aggiungendo all'invito alla preghiera la promessa di un po' di sollievo dalla straordinaria calura di questi giorni, è come se volesse sottolineare che la salute fisica che si troverà sarà un anticipo di quella spirituale (non c'è forse la «salute» nel titolo mariano del santuario?). Mi vengono in mente, per contrasto, i grandi centri commerciali, veri e propri templi del consumo, laddove anche il fresco è frutto di artificiali climatizzatori sparati “a palla”, e dai quali difficilmente, malgrado i carrelli pieni, si esce più sollevati, fisicamente e spiritualmente, di come si è entrati. Meglio allora rifugiarsi tra i vecchi muri, spessi e solidi, di una chiesa.
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