L’idea le è venuta quando aveva 20 anni e studiava in Australia. «Mi sentivo privilegiata: io ero potuta andare all’estero, ma i miei coetanei, nel mio Paese, faticavano perfino a mangiare. Mi chiedevo cosa potevo fare per migliorare la situazione». Così la giovane Wawira Njiru, studentessa di Nutrizione ad Adelaide, mandò i suoi genitori a verificare cosa succedesse nelle scuole del suo distretto, nella cittadina di Ruiru, alla periferia di Nairobi, in Kenya. «Mi dissero che la maggior sfida dei bambini era quella di non svenire dalla fame. Molti andavano in classe a stomaco vuoto e le famiglie non avevano abbastanza soldi per assicurare loro il pasto». Nel 2012, dunque, dalla parte opposta del mondo, Wawira lanciò un fundrising speciale: una cena di specialità kenyana con 80 invitati. Mise insieme qualche centinaia di dollari, un gruzzolo che investì comprando una cucina e fornendo i pasti a 25 bambini di una classe elementare. Food4education è iniziata così. E non si è più fermata: l’impresa sociale di Wawira, che il 27 gennaio scorso ha compiuto 32 anni, con le sue cucine attrezzate oggi fornisce quotidianamente pasti a 400mila bambini in alcuni distretti del Kenya, di cui 250mila nella capitale Nairobi: si tratta di alimenti altamente proteici, studiati nel dettaglio con verdure a completare il menù. «Sono cresciuta in un villaggio in cui molti bambini erano costretti a scegliere se stare in classe a imparare oppure scendere in strada a mendicare cibo. In molte scuole, i bambini devono cercarsi un lavoro o rubare per avere un pasto al giorno. Ora so che, grazie a Food4education, ben nutriti, possono affrontare una giornata a scuola e imparare: questo è ciò che ci riferiscono gli insegnanti», assicura lei. In Africa la percentuale di bambini che ricevono il pasto scolastico è incredibilmente bassa, rispetto a quanto accade nei Paesi occidentali. «In Kenya vivono 10 milioni di bambini, dall’asilo alle primarie. Il mio obiettivo è di raccogliere finanziamenti per nutrirne 1 milione». Food4Education non regala il cibo, ma grazie ai finanziamenti internazionali di cui beneficia fa pagare alle famiglie un prezzo bassissimo, 15 scellini, meno di 10 centesimi di euro, in modo che i pasti siano accessibili al più ampio numero possibile di famiglie. Il pagamento avviene in modo semplice, grazie alla tecnologia: i bambini indossano un braccialetto giallo (Tap2Eat, tocca per mangiare) collegato a un portafoglio elettronico. Basta una pressione sul braccialetto e il pasto è pagato. «La sfida è portare questo metodo di micropagamento anche nelle zone più isolate», continua Wawira. Food4education sta avendo un enorme impatto sui villaggi in cui opera: non solo grazie alla migliore alimentazione dei bambini e quindi a un più proficuo percorso di apprendimento, ma anche grazie alla creazione di 3.500 posti di lavoro nelle numerose cucine installate, nella filiera della distribuzione del cibo alle scuole e nei call center che chiamano i genitori per spiegare l’opportunità di aderire al progetto. «Centinaia di famiglie hanno visto migliorare il loro tenore di vita: un impiego per i genitori, un’alimentazione adeguata per i figli e quindi possibilità di progettare il futuro». La giovane Wawira, viso rotondo incorniciato da una nuvola di treccine, racconta che alcuni degli ex alunni a cui aveva fornito i primi pasti ora sono diplomati o studiano all’università e lavorano con lei, diventando a loro volta agenti di cambiamento. «Spesso capita che un ragazzo si avvicini e mi dica che solo grazie ai pasti scolastici è riuscito a terminare gli studi, e che il fatto di mangiare decentemente ha cambiato la sua vita», ripete, ammettendo che questa è la migliore soddisfazione che ricava dal suo lavoro.
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