mercoledì 15 maggio 2024
Bocciare verso il boccino non merita forse un’incoronazione olimpica? Bien sûr, ripetono da anni i provenzali, interpellando le più alte istanze sportive...
Se le bocce vengono bocciate... Il Midi le rimette in gioco
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Bocciare verso il boccino non merita forse un’incoronazione olimpica? Bien sûr, ripetono da anni i provenzali, interpellando le più alte istanze sportive. Ma pure gli organizzatori di Parigi 2024 hanno fatto orecchie da mercante, gelando gli ardenti bocciofili del Midi francese. Così, il transito spettacolare della fiamma olimpica per le contrade e i borghi suggestivi cantati nel Medioevo dai troubadours erranti, da Marsiglia ad Arles, passando per Tolone e Manosque, non ha del tutto spento quella ferita nei cuori di tanti spettatori: il semaforo rosso per la pratica più popolare e intergenerazionale della regione, già accettata dal 1984 per le Paralimpiadi. Uno di quei rari sport che i nonni insegnano ancora ai nipotini con tanto di strizzatine d’occhio, nei pomeriggi assolati d’estate.

In casi simili, avranno suggerito le anime buone, meglio pensare a qualche realizzazione recente capace di riempire i locali di una giusta fierezza. Tanto meglio se l’idea ha un sapore olimpico. Se poi coinvolgesse tutte le generazioni, all’insegna dell’assioma decoubertiniano ‘prima partecipare’, sarebbe quasi una gustosa rivincita.

Su questo registro olimpico più quotidiano e alla portata di tutti, una genialata buona come il pane viene da Arles, la cittadina seducente sul Rodano famosa per gli anfiteatri romani fra gli effluvi di lavanda. È qui che tanti spettatori della fiamma hanno potuto ristorarsi l’anima, in parallelo, con un particolarissimo tuffo a volo d’angelo degno del nostro leggendario Klaus Dibiasi. Un’immersione totale in quella pratica universale che tanto piacere dà all’umanità fin dalla notte dei tempi, regalandone ancora ai più piccoli ben prima dello sboccio delle frasi. Sì, il disegno.

Molto olimpicamente, è un piccolo arciere arancione il simbolo del Festival del Disegno di Arles, che per la sua seconda edizione, ha invaso di creatività cortili, musei ed edifici storici. Pensate: un’intera cittadina vivificata per un mese intero (20 aprile-19 maggio) da migliaia di motivi e schizzi di firme celebri o sconosciute, nascenti o già scomparse, mosse tutte da una scintilla interiore di creatività. Da Alberto Giacometti a Oskar Kokoschka, dal vignettista italiano Guido Buzzelli ai bambini di 10 classi locali coinvolti negli atelier pensati dall’artista d’origine greca Alexandra Roussopoulos, che ci dice: «Vedendoli lavorare, penso ogni volta che il disegno viene ben prima della scrittura, che è l’arte parietale universale di ciascuno di noi. Esponendo le loro creazioni, ci siamo attenuti alla stessa esigenza che per Giacometti».

L’omaggio del festival è per il disegnatore pacifista Tomi Ungerer (1931-2019), autore francese celebre per tante tavole dedicate soprattutto all’infanzia, come I Tre Briganti, uscito in Italia per Mondadori. Già: i terrificanti briganti che alla fine si lasciano insegnare la bontà da una bambina sveglia. E ripensando a quel capolavoro del 1961, semplice e saliente come ogni storia universale, vien da pensare a uno sport, alla portata di tutti, che proteste immani susciterebbe in caso d’esclusione dalle nostre piccole olimpiadi invisibili d’ogni giorno: i salti in alto verso ogni nuova redenzione.

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