Scriveva Alcide dalla prigione, dove il fascismo lo aveva condannato, una storia per Maria Romana che incominciava così: «Una volta il papà, poveretto, stava giorno e notte in una stanzetta, con la porta sempre chiusa da un catenaccio di ferro con una finestrella alta alta e sbarrata anch'essa. Nella cameretta c'era un tavolino dove il papà aveva messo le fotografie della mamma e delle sue care bambine... ed ecco, in un pomeriggio afoso, mentre per concessione dei superiori, l'uscio era socchiuso perché passasse l'aria fresca, scivolare dentro una gattina grigia, ancora piccina che non sapeva nemmeno miagolare. “Mini!”, gridò allegro papà, e la gattina gli saltò sulle ginocchia. Ma era tanto sudicia, la poveretta, che il papà la spazzolò con la spazzola della scarpe, le ravviò il pelo finché diventò lucido. Da allora non fu più solo. La mattina quando suonavano la sveglia il papà saltava dal letto e Mini saltava dalla sedia ove la notte aveva fatto la ciambella, il papà si lavava e Mini giocava con l'asciugamano. Quando arrivava il caffè latte Mini rosicchiava con i suoi dentini il pane e mentre papà andava «all'aria» Mini aspettava che tornasse per giocare con la pallottola di carta.Infine quando papà si metteva a leggere lei pretendeva di starsene sulle sue spalle e controllare cosa leggesse. Papà le parlava, le insegnava le buone maniere, ma quando portavano il pranzo Mini saltava sul tavolo e con le sue zampette disputava a papà ogni boccone. Dopo alcuni giorni quella birichina, saltando sul tavolo, tirò fuori dal piatto una cotoletta di carne che trascinò dappertutto rovesciando il ritratto delle bambine. Il papà si arrabbiò sul serio e le disse: hai rubato la carne. È un male, ma ti perdono, tanto non è un reato politico, ma hai rovesciato la foto delle mie bambine, perciò farai penitenza. Prese per il collo con due dita la gattina e le fece chiedere perdono davanti al ritratto. Da allora in poi Mini fece la brava: mangiava, dormiva, giocava e faceva le cose sue nel cantuccio a ciò destinato dai superiori e quando papà passeggiava, girava per la stanzetta con la coda in resta e quando egli con la candela cacciava le cimici, Mini cercava anche lei credendo fossero topolini. La stanza si faceva sempre più calda in forza di un sole a scacchi, (specialità della casa) che la trasformava in un forno. Allora vennero dei signori, mandati dalla mamma, per condurre il papà in un altro stabilimento più fresco, ma lì non volevano gatti. Che fare? Papà prese Mini e la mise sulle spalle di un altro buon signore che promise di trattarla bene. Quando si sarà fatta più grande e potrà viaggiare allora la porteremo con noi a Sella, vero?Il tuo papà». Roma. Regina Coeli 1927.
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