Ricevo ora i primi quattro titoli di una collana di testi brevi aperta dall'editore Sossella. Il quarto della serie è di Donald Sassoon, è intitolato Brexit, ma il tema annunciato è solo marginale. Più pertinente è l'ironico sottotitolo: «Buona fortuna, Europa». Sassoon è autore di un massiccio volume di millecinquecento pagine, un'opera che tutti dovrebbero avere, La cultura degli europei dall'Ottocento a oggi, uscito nel 2008 da Rizzoli, una delle rare opere generali scritte da un non italiano in cui si mostra una buona conoscenza della nostra cultura, sia alta che di massa. Dopo un'intervista all'autore a cura di Paolo Gervasi, il volumetto riproduce una lectio di Sassoon tenuta nel 2017 all'Accademia Reale del Belgio, in cui si parte da una semplice constatazione: quando l'Europa era o credeva di essere il centro del mondo, gli europei non parlavano di Europa ma di Stati nazionali. Fino al 1945 si trattava di un continente dilaniato da guerre continue, rivalità e ambizioni di dominio. Infine due guerre mondiali: la prima causò venti milioni di morti e la seconda cinquanta. La civiltà europea era una ragnatela di conflitti non solo fra popoli e nazioni ma anche di religione, cristiani contro cristiani, per non parlare degli ebrei. In realtà l'Europa non era il centro del mondo. Fino al Settecento la Cina, l'India e il Giappone erano politicamente e culturalmente non inferiori o superiori, anche in filosofia, medicina e matematica. L'idea di una superiorità europea è nata con il colonialismo e l'imperialismo e ha toccato il suo culmine fra Ottocento e primo Novecento. E oggi? Sassoon conclude così: l'unità europea, più che come ideale, è nata dal bisogno di realizzare un mercato più ampio e uno scambio commerciale più fitto. Gli attuali ventisette Stati membri sono molto divisi e poco capaci di comunicare fra loro. Gli europei sanno tutto degli Stati Uniti e soprattutto della loro cultura di massa, ma poco o niente delle altre culture europee. Da diversi sondaggi risulta tra l'altro che francesi e inglesi sanno a malapena chi è Dante, noi italiani ignoriamo Racine e Goethe, nonché Puškin e Lope De Vega. Fuori delle élite intellettuali «non esiste una cultura europea comune», come non ci sono uno Stato sociale europeo, una difesa militare europea, un patriottismo europeo. I britannici non hanno mai creduto davvero all'Europa e non hanno mai fatto niente per svilupparne l'unione. Purtroppo i fatti continuano a dimostrare che la diagnosi di Sassoon è fondata.
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