Il sogno di diventare scrittrice e quel diario quasi per caso...
lunedì 26 marzo 2018

Da sempre il sogno di Katinka è diventare scrittrice. Ha tredici anni, grande fantasia ma anche tanta confusione in testa. Inconsapevolmente sa che la scrittura è anche un modo per mettere ordine tra i pensieri, ma scrivere, e farlo bene, non è così facile. La passione va affiancata dalla tecnica. Perciò un giorno decide di chiedere alla propria vicina di casa, Lidwien, una donna anticonformista, scrittrice affermata, di darle lezioni di scrittura, in cambio di un aiuto in giardino.

E così ogni venerdì dopo la scuola, in giardino, Katinka e Lidwien ragionano di stile, di tecnica, di come allenare i muscoli alla scrittura, costruire i dialoghi, come usare le parole, come dar voce alle emozioni. Sicché per Katinka il discorso sulla scrittura finisce per sfociare in una sorta di autoanalisi sulla propria vita e i nodi che l’aggrovigliano. Da quegli incontri nasce un diario, in cui la ragazzina racconta della sua famiglia, di suo padre e della sua nuova compagna per cui prova un sentimento di rifiuto. Di sua mamma che non c’è più, morta quando lei aveva solo tre anni. Di quanto le manchi. E così giorno dopo giorno la cronaca diventa racconto. Un ottimo racconto, un romanzo scritto quasi senza accorgersene. Tenero e commovente Come ho scritto un libro per caso (La Nuova Frontiera Junior; 14,50 euro), romanzo di esordio dell’autrice olandese, a sua volta contemporaneamente storia di vita e brillante scuola di scrittura. Vivamente consigliato agli adolescenti. Dai 13 anni

Che bello questo albo illustrato e che bello il ritratto di questa principessa con la testa sul collo a dimostrare che la classe e la regalità non sono acqua. Né questione di rango. Adelia è una bambina che sa il fatto suo; disinteressata al palazzo e al lusso, annoiata quando le impongono il ruolo formale da principessa, si sente più portata perle cose concrete. A lei non importano scarpine e abitini della festa, carrozze e maggiordomi.

Alle comodità Adelia preferisce sporcarsi le mani con il lavoro: aiutare i giardinieri, zappare l’orto, coltivare verdure, osservare i fabbri, i cuochi in cucina, gli stallieri alle prese con i cavalli. A forza di osservare Adelia impara la fatica e la bellezza del fare, sicché all’ennesima noia da impegno formale decide di mettere a frutto le proprie capacità e andare a conoscere il mondo per davvero. Da qui, la favola – Il viaggio di Adelia (Nord-Sud edizioni; 13,90) - percorre la sua strada secondo le regole classiche e finale a sorpresa. La maestria di Anna Vivarelli e Guido Quarzo produce un racconto intelligente e garbato sull’essere bambine e bambini, esaltata dalle tavole stupefacenti di Sofia Paravicini, tutte da godere con gli occhi e il cuore. Tris perfetto. I bambini ne saranno incantati. Dai 4 anni

Se qualcuno avesse avuto dubbi sulla versatilità di scrittura di Guido Sgardoli, L’isola del Muto li scioglierebbe completamente, confermando la sua capacità di esplorare e raccontare mondi diversi e scenari studiati e osservati con cura. Imponente romanzo, corposo anche per le 360 pagine che lo contengono, L’Isola del Muto (San Paolo; 18 euro) è una saga familiare che attraversa due secoli, dai primi dell’Ottocento, e sette generazioni ovvero la stirpe dei Bjørneboe a cominciare dal capostipite, il ruvido Arne Bjørneboe. Un uomo segnato nel fisico e nell’animo, ferito durante una battaglia tra la marina inglese e la flotta danese-norvegese. Ustionato gravemente al viso e reso sordo, Arne ha deciso di non parlare più e per tutti è diventato il Muto. Fil rouge del racconto è il grande faro, appena costruito su un’isola a sud della Norvegia, in faccia a Horendal, uno scoglio inospitale battuto da venti, piogge e mareggiate, talmente minuscolo da non avere neppure un nome.

E’ proprio ad Arne che viene affidato il ruolo di guardiano del faro. Il lavoro e la dedizione con cui ci si dedica, il luogo solitario che si addice perfettamente a lui, e poi una moglie e tre figli lo riconciliano con il mondo anche se non sempre tutto ciò attenua la sua durezza. I suoi discendenti, uomini e donne dal carattere, la tempra, le scelte, la determinazione e il coraggio diversi faranno della custodia del faro e dell’isola – dove il tempo sembra girare a una velocità diversa dal resto del mondo - il luogo in cui mettere radici o da cui prendere le distanze. C’è da credere, quando Sgardoli racconta in una nota finale quanto da autore abbia vissuto intensamente con i suoi tanti personaggi, sforzandosi di entrare nella loro testa, immaginando come loro avrebbero agito, sognando il loro futuro come ciascuno avrebbe potuto fare. Due anni di lavoro intenso da cui si è staccato con nostalgia. La stessa che prova il lettore, quando arriva all’ultima pagina. Dai 15 anni.

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