Il governo intende intervenire sulle pensioni di reversibilità, per migliorare le regole che garantiscono l'assegno ai figli superstiti e studenti. Occorre prendere atto che le attuali disposizioni sui requisiti dell'età (ora limitata a 26 anni) e dello status di studente non riflettono l'evoluzione della formazione accademica nel corso degli ultimi anni. Le regole, di vecchia data e tuttora applicate dall'Inps, rischiano di estromettere dalle tutele della previdenza un'ampia fascia di famiglie con figli studenti, più di altre in difficoltà a causa del decesso del capofamiglia. L'intervento del ministero ha preso spunto dal caso (segnalato anche nel corso di un recente question time alla Camera) di uno studente orfano al quale l'Inps ha rifiutato la pensione per la mancanza formale dei requisiti richiesti. Lo studente, non ancora ventiseienne, alla data del decesso del padre non era formalmente iscritto ad una scuola oppure ad una università. Avendo infatti iniziato il percorso universitario, aveva già conseguito con profitto la laurea triennale e, avvenuto il decesso del genitore nel corso dei mesi successivi, si apprestava a completare le formalità necessarie per potersi iscriversi alla laurea specialistica in lingue straniere presso un'università non italiana. Dunque fra il primo e il successivo corso accademico non risultava come "studente". La disponibilità del ministero del Lavoro ad un adeguamento della materia dovrà fare i conti con l'inevitabile ostacolo dei fondi necessari. È prioritario, tuttavia, assicurare il pieno diritto allo studio e alla formazione dei cittadini. Il ministero intende procedere attraverso una direttiva che interpreti l'evoluzione delle norme, verificando anche la ricaduta economica di questa operazione. Qualora la via amministrativa non fosse praticabile, sarà necessario predisporre un intervento legislativo ad hoc, corredato da una adeguata copertura finanziaria. Un più generale ritocco, sostanzioso, alle pensioni di reversibilità è stato già proposto, con diverse iniziative parlamentari, per collegare gli importi mensili ai redditi dei beneficiari in senso più favorevole. Ad esempio, una maggiore cumulabilità della pensione con altri redditi, ecc. Si tratta anche di superare le penalizzazioni subite dai coniugi che possiedono redditi propri e che non si sottraggono dal dichiararli all'Inps in maniera trasparente. Indennità integrativa. La Corte costituzionale - sent. 227 del 26 settembre scorso - conferma la legittimità dell'indennità integrativa speciale al 60% (come per la pensione) anche sulle cause che erano in corso alla data d'introduzione dell'indennità in misura ridotta.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: