È una foto della Associated Press. Non è girata molto sui media. Forse non l'avete vista. Vicino a Kharkiv, in una zona riconquistata dagli ucraini, qualcuno ha spostato quattro cadaveri di soldati russi: due corpi per il lato obliquo e due per quelli orizzontali, a formare una Zeta sull'asfalto. L'area è sorvolata dai droni dell'esercito russo. Vista dall'alto, quella Zeta promette: ecco che fine farete.
Dicevo, la foto non ha girato molto. Forse perché mostra qualcosa che non vorremmo vedere: la crudeltà di cui possono essere capaci anche le vittime. In Ucraina alcuni militari russi hanno fatto, sta emergendo, cose atroci – torture, stupri, stragi. L'Occidente parteggia per l'Ucraina invasa. Ma quella foto con i corpi dei nemici monchi e carbonizzati usati, come pezzi di Lego, per scrivere una lettera di sangue, ci scuote. Tendiamo a pensare che le vittime siano sempre "buone", ma la ferocia di una guerra come questa non risparmia niente. Il sapere, l'assistere: la voglia di vendetta. La bestialità può scatenare disumanità anche nelle vittime. In guerra si respira veleno, un veleno che trasfigura.
Quei quattro corpi della Zeta, chissà. Magari giovani soldati caduti in un'imboscata. Anche loro, a casa, avevano qualcuno che li attendeva. A Mosca questa foto genererà altro odio. Come una valanga, che travolge e ingoia ogni cosa in un'unica mole opaca.
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