giovedì 15 febbraio 2024
Nella sala colma di fumo pareva ci fosse la nebbia. Le macchine da scrivere ticchettavano furiosamente sotto alle dita di dieci giovani cronisti. Rapine, omicidi, spaccio: la cronaca nera di Milano confluiva nell’ultima edizione de “La Notte”. Alle diciotto sui tram tutti l’avevano in mano, spalancata sui titoli cubitali. Oltre la sala, diviso solo da un vetro, c’era il Capo. Sui sessanta, identico a Walter Matthau in “Prima pagina”. Come lui con i piedi sulla scrivania, tre telefoni che squillavano in continuazione, la Nazionale fra le labbra. Faccia da vecchio gatto alla settima vita, non si scomponeva mai. Gli occhi sardonici pesavano le notizie come pesci appena presi all’amo. “20 righe”, bofonchiava per un furto, 40 per una rapina. Sparatoria? Nove colonne. Vittime? Quattro pagine. Il Capo, da noi giovani temutissimo, non si commuoveva mai, dopo 40 anni di “nera”. La maschera impassibile di C.: a vent’anni mi faceva un po’ paura, ora ne sorrido. Era cinico e feroce, ma simpatico. Mi raccontarono che, quando nel ‘78 dal Conclave uscì il nuovo Papa, nella concitazione del momento quel nome irto di W e J lo fece, unica volta nella vita, sobbalzare. “Boja, l’è un négher”, esclamò in milanese, esterrefatto. “No, è polacco”, gli garantirono. C. allora, tornato impassibile, riallungò i piedi sulla scrivania e dettò il titolo della prima pagina – in corpo sessanta. © riproduzione riservata
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