Ho già accennato altre volte, anche in questo spazio, al fatto che tra le armi retoriche utilizzate dai critici di papa Francesco rientra anche la rianimazione di un pregiudizio sui gesuiti che sembrava consegnato ai libri di storia, o tutt'al più ai dizionari, e che invece è ricomparso a opera soprattutto dei siti e degli osservatori antimoderni. Tale pregiudizio costituisce uno strano cocktail tra i motivi che contraddistinsero la polemica antigesuitica culminata nella soppressione della Compagnia (1773) e le responsabilità addossate ad alcuni gesuiti di spicco per il cammino indicato alla Chiesa nell'età secolare, dal Concilio Vaticano II in avanti. Non so in quale misura Francesco sia sensibile a tutto ciò, ma convengo che l'immagine che ha ironicamente utilizzato un paio di settimane fa rivolgendosi a un gruppo di gesuiti in formazione rimanda implicitamente a tale pregiudizio, come ha brillantemente sottolineato Luigi Accattoli nel settimanale "spillo" per la Lettura del "Corriere della Sera", riportato sul suo blog ( tinyurl.com/yaqq7p58 ). Il Papa infatti ha detto, in quell'occasione, che voler «pascolare i Gesuiti» equivarrebbe a «pascolare un gregge di rospi: uno di qua, uno di là». Intendeva sottolineare la «grande libertà» che va lasciata al gesuita nello scegliere «quello che sente che il Signore gli chiede», ma per dirlo ha accostato un ordine religioso oggetto di tanti pregiudizi a una famiglia di anfibi non meno calunniata: «Di rugoso aspetto, sospettato d'essere familiare delle streghe, ritenuto incapace di fare squadra certo a motivo dei salti. (...) Mancava solo un Papa gesuita per unire le due leggende», osserva divertito Accattoli. Il divertimento non è fatto proprio dai commentatori, ma perlomeno una di loro, che appartiene alla falange avversa al Papa, nel ribadire la sua prospettiva rimane dentro al gioco: accosta infatti la Vergine Maria alle principesse delle fiabe, capaci di trasformare, con un bacio, ciascun rospo in principe.
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