Caro Tarquinio,
non riesco più a guardare un telegiornale, le notizie che scorrono sono terribili, c'è un male diffuso: guerre, femminicidi, violenze... Fanno sembrare impossibili la vita, il bene e la pace! Meno male che tra tutta questa disumanità si è levata la voce di Gino Cecchettin, le sue parole così vissute hanno aperto una prospettiva di speranza. È di questo che io – come penso ogni essere umano – ho bisogno, di vedere la speranza, di vedere che l'amore è più forte della morte e della violenza. E di Gino non ve ne è solo uno, ce ne sono tanti, facciamoli parlare, diamo loro voce!
Gianni Mereghetti
Caro Marco Tarquinio,
l’Italia si è astenuta – per la seconda volta – insieme a Germania e a Gran Bretagna nel voto per il cessate il fuoco a Gaza. La nostra Italia che ha una storia precisa e generosa nel rapporto col Vicino Oriente, ma oggi si astiene di fronte al disastro umano da quando una delle aree più popolate e povere del mondo è diventata campo di battaglia tra soldati israeliani e miliziani di Hamas. Anche io, come lei, lo trovo pazzesco. Condivido l’amarezza, che lei ha espresso nel dibattito che ha accompagnato e preceduto la Marcia della Pace di Assisi nel 75° l’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani: «L’unica cosa che l’Italia politica di oggi sa fare di fronte a questa tragedia è astenersi sulla richiesta di un immediato cessate il fuoco, sempre meglio che fuggire come fa quando si tratta di votare sul bando della bomba atomica, ma per favore non chiamiamolo “male minore”! Non servono mali minori, contro la guerra aperta e dilagante serve tutto il bene possibile e necessario...». Già, l’astensione in questi casi non è un male minore. E non regge l’invocazione del diritto a una difesa “costi quel che costi”, mentre si alimenta la «follia della guerra» e una catena di orrori dall’Ucraina alla Palestina e a Israele. Mi sembra ipocrita, che il nostro governi affermi che è giusto continuare a sostenere la guerra in Ucraina perché, «se consentiamo che saltino le regole del diritto internazionale, gli scenari di crisi si moltiplicheranno», ma poi per due volte si astenga sul cessate il fuoco a Gaza per garantire lo stesso diritto internazionale e umanitario. Un’incoerenza che sottolinea l’inadeguatezza di una politica internazionale che non esercita sguardi e azioni complessivi e unitari sulle crisi dei nostri tempi. Intanto, il presidente ucraino Zelensky continua a girare il mondo occidentale per chiedere armi affermando che «la guerra della Russia contro l'Ucraina è in realtà una guerra contro tutta l'Europa libera». Zelensky afferma anche che bisogna continuare a combattere perché «i russi hanno ucciso troppe persone e ogni famiglia ucraina porta un lutto». Sicuramente questo vale anche per i soldati russi, spediti al fronte da Putin, e le loro famiglie. La cosa più umana mi sembrerebbe porre fine al massacro e trovare un compromesso necessario per dare speranza ai popoli, invece di insistere persino freneticamente nel continuare e sostenere un’insensata distruzione reciproca.
Gentile Marco Tarquinio,
Francesco Masut
Gentile Marco Tarquinio,
per mestiere lavoro anch’io con le parole, eppure sembrano essere proprio le parole inutili dopo questi quasi due anni di guerra in Ucraina a cui si è unito il risorgere del conflitto in Medio Oriente. Le parole paiono inutili o inascoltate come quelle del Papa. E non vale solo per l’orale ma anche per lo scritto. Si pensi alle risoluzioni Onu ignorate e scavalcate dalla Russia prima e da Israele poi o bloccate dai veti. Si pensi all’incapacità dei belligeranti, e dei loro alleati, di concordare un cessate il fuoco con l’aiuto della comunità internazionale. Non bisogna mettere sullo stesso piano situazioni diverse, ma i loro effetti sì: morte e distruzione. L’Italia non può limitarsi ad astenersi! L’Italia può e deve per storia e posizione geografica porsi come mediatrice e portare avanti istanze di dialogo almeno sul suo suolo. Che sia attraverso l’arte, la musica, la letteratura, lo sport! Si riuniscano le comunità ucraina e russa, israeliana e palestinese sotto lo stesso tetto del sapere e del rispetto. Tornando alle parole: anagrammando “Israelepalestina” come fossero una parola sola, vengono fuori 4 anagrammi significativi: “Esasperati alleni” perché è questo l’effetto della guerra, “Alleata nei pressi” e “Allineate si spera” una causa-effetto auspicabile, “Alleata ire spensi”: un sogno, un auspicio per le nuove generazioni. Il sangue che scorre è tutto dello stesso colore, come il dolore che ne scaturisce. Cerchiamo come Paese vicino di creare ponti e forme di dialogo. Sarà solo una goccia che non disseterà ma che almeno idrati la speranza che si è essiccata.
Penso che proprio quando le notizie si fanno più dolorose e atroci, bisogna avere la forza e la tenacia di continuare a leggere i giornali e a seguire telegiornali e radiogiornali. Non ci può astenere, e non si deve. Credo che il motto che avevo prestato ad “Avvenire” negli anni scorsi, e che da qualche mese mi è stato idealmente restituito, resti del tutto valido: “La consapevolezza cambia il mondo”. Meno sappiamo e peggio vanno le cose.
Informare e informarsi è, dunque, essenziale anche per far finire l’orrore della guerra, in Ucraina come in Terra Santa e in ogni dove. Solo così – cercando, assumendo e condividendo informazioni sulle guerre in atto come su ogni altra violenza e ingiustizia – si scuote e si mobilita quel gigante disorientato e distratto che l’opinione pubblica finisce spesso per essere. E questo vale persino di più in un tempo in cui troppi, attraverso i media, si spendono per alimentare bandi di arruolamento ideologico-militari e morali e per confermare linee di approvvigionamento di armi per i fronti aperti nella nuova “guerra dei mondi”, giustificando in scenari diversi ma ugualmente tragici la prosecuzione di quella che il Papa continua incessantemente a denunciare come una «follia».
Sono anch’io disposto a farmi istruire e correggere dall’evidenza dei fatti, ma non cambio idea facilmente su ciò che più importa nel leggere e affrontare la realtà. E a proposito della «sconfitta» rappresentata sempre e per tutti dalla guerra la penso più che mai come papa Francesco e come sulle pagine di questo giornale è stato più volte e a più voci scritto, documentato e commentato ben prima del primo giorno della seconda parte della guerra d’Ucraina (che tra due mesi compirà dieci anni) e sin dentro l’ennesimo riaccendersi della tragica e asimmetrica confrontation armata tra lo Stato d’Israele e il non-Stato di Palestina. So anche che tutti gli argomenti che si portano a sostegno della continuazione dello scontro armato possono essere efficacemente usati per motivare la de-escalation. Una prova la fornisce l’amministrazione Biden con l’opposta seppure, in non pochi frangenti, disorientante postura assunta nella guerra russo-ucraina e in quella israelo-palestinese…
Leggere e seguire i diversi media, compreso il nostro, non significa ovviamente approvare tutto ciò che viene pubblicato e proposto. Significa accettare di farsi aprire gli occhi, quando il lavoro di giornalisti e analisti è ben fatto, e comunque di farsi interrogare. Del resto, informare e informarsi è un esercizio di intelligenza e di libertà che impone a ciascun lettore-spettatore-ascoltatore, e non solo agli operatori dei media, di andare al cuore dei fatti per individuare le linee di più efficace resistenza alle ingiustizie e alle deformazioni propagandistiche degli strapotenti di turno, che si tratti di signori della guerra, di lobby mediatiche o di altri manipolatori e predatori di vita e di dignità, di terre e di beni, di consensi e di verità... Gli stessi che quasi sempre lesinano le informazioni sulle azioni di solidarietà, di giustizia e di pace e spesso tentano di deformarle, ignorando il bene oggettivo per gli esseri umani (specie i più poveri e vulnerabili), svalutandolo o trasformandolo addirittura in capo di imputazione. Ne so qualcosa, anche personalmente. Ma ne sa certamente di più – e l’esempio non è affatto casuale – quel mio collega bravo e generoso che si chiama Nello Scavo e del quale i lettori di queste pagine (e tanti, tanti altri) conoscono il coraggio e la dirittura.
No, non ci si può astenere. E, come già ho brevemente accennato in questo spazio di dialogo e di riflessione e più ampiamente argomentato in altri luoghi e occasioni, trovo increscioso che un’astensione politico-diplomatica sia stata e resti la posizione ufficiale del governo italiano sulla richiesta di cessate il fuoco a Gaza, dove ogni giorno si aggrava la condizione di civili inermi che hanno l’unica “colpa” di essere palestinesi. Dicono che questa disumanità, che contempla semine di morte e bombardamenti di case, scuole, chiese, moschee, e ospedali sia il prezzo da pagare per arrivare a sradicare Hamas. È inconcepibile e inaccettabile. Così come – ripetiamolo sime ancora una volta – è inaccettabile l’orrore di violenza e di morte premeditato e ferocemente commesso poco più di due mesi fa da uomini di Hamas.
Ma, proprio come la guerra d’Ucraina, che non era cominciata il 24 febbraio 2022 ma otto anni prima, anche la guerra che punta a cancellare Hamas e sta cancellando Gaza non ha avuto inizio il 7 ottobre 2023, ma infuria o cova sotto le ceneri da ormai tre quarti di secolo. E ricordiamoci c’è anche la firma italiana sotto alla Risoluzione 242 dell’Onu che dal 22 novembre 1967 chiede il riconoscimento di Israele, del quale non può essere perseguita la distruzione, e insieme il ritiro delle truppe di questo Stato dai territori occupati con la forza delle armi e in questi anni colonizzati, al di fuori di ogni buon diritto, sottraendo terre, case e dignità agli abitanti palestinesi.
La nostra presidente del Consiglio ha sostenuto che la nuova risoluzione 2712 – concentrata solo e soltanto sulla necessità di una «tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata» a Gaza – fosse «non equilibrata». Se la guerra – assassinio di massa e devastazione sistematica – è folle, e non c’è dubbio che lo sia, nessuna scelta è più equilibrata del non armare i belligeranti, del premere perché si cessi il fuoco e dello scoraggiare in ogni modo la continuazione delle ostilità. Non riuscire a dire, e non fare, neppure questo è molto, molto grave, e non solamente sul piano politico. Vale per la guerra d’Europa, per quella che insanguina la Terra che cristiani, ebrei e musulmani chiamano e sentono Santa e per ogni altro campo di battaglia.
Grazie agli amici lettori che mi hanno portato a sviluppare, in dialogo con loro, questa ulteriore riflessione sull’impegno che ci è chiesto, qui e ora, oltre le logiche di guerra che massacrano la nostra umanità e la verità delle cose.
Daniele Piccinini
Informare e informarsi è, dunque, essenziale anche per far finire l’orrore della guerra, in Ucraina come in Terra Santa e in ogni dove. Solo così – cercando, assumendo e condividendo informazioni sulle guerre in atto come su ogni altra violenza e ingiustizia – si scuote e si mobilita quel gigante disorientato e distratto che l’opinione pubblica finisce spesso per essere. E questo vale persino di più in un tempo in cui troppi, attraverso i media, si spendono per alimentare bandi di arruolamento ideologico-militari e morali e per confermare linee di approvvigionamento di armi per i fronti aperti nella nuova “guerra dei mondi”, giustificando in scenari diversi ma ugualmente tragici la prosecuzione di quella che il Papa continua incessantemente a denunciare come una «follia».
Sono anch’io disposto a farmi istruire e correggere dall’evidenza dei fatti, ma non cambio idea facilmente su ciò che più importa nel leggere e affrontare la realtà. E a proposito della «sconfitta» rappresentata sempre e per tutti dalla guerra la penso più che mai come papa Francesco e come sulle pagine di questo giornale è stato più volte e a più voci scritto, documentato e commentato ben prima del primo giorno della seconda parte della guerra d’Ucraina (che tra due mesi compirà dieci anni) e sin dentro l’ennesimo riaccendersi della tragica e asimmetrica confrontation armata tra lo Stato d’Israele e il non-Stato di Palestina. So anche che tutti gli argomenti che si portano a sostegno della continuazione dello scontro armato possono essere efficacemente usati per motivare la de-escalation. Una prova la fornisce l’amministrazione Biden con l’opposta seppure, in non pochi frangenti, disorientante postura assunta nella guerra russo-ucraina e in quella israelo-palestinese…
Leggere e seguire i diversi media, compreso il nostro, non significa ovviamente approvare tutto ciò che viene pubblicato e proposto. Significa accettare di farsi aprire gli occhi, quando il lavoro di giornalisti e analisti è ben fatto, e comunque di farsi interrogare. Del resto, informare e informarsi è un esercizio di intelligenza e di libertà che impone a ciascun lettore-spettatore-ascoltatore, e non solo agli operatori dei media, di andare al cuore dei fatti per individuare le linee di più efficace resistenza alle ingiustizie e alle deformazioni propagandistiche degli strapotenti di turno, che si tratti di signori della guerra, di lobby mediatiche o di altri manipolatori e predatori di vita e di dignità, di terre e di beni, di consensi e di verità... Gli stessi che quasi sempre lesinano le informazioni sulle azioni di solidarietà, di giustizia e di pace e spesso tentano di deformarle, ignorando il bene oggettivo per gli esseri umani (specie i più poveri e vulnerabili), svalutandolo o trasformandolo addirittura in capo di imputazione. Ne so qualcosa, anche personalmente. Ma ne sa certamente di più – e l’esempio non è affatto casuale – quel mio collega bravo e generoso che si chiama Nello Scavo e del quale i lettori di queste pagine (e tanti, tanti altri) conoscono il coraggio e la dirittura.
No, non ci si può astenere. E, come già ho brevemente accennato in questo spazio di dialogo e di riflessione e più ampiamente argomentato in altri luoghi e occasioni, trovo increscioso che un’astensione politico-diplomatica sia stata e resti la posizione ufficiale del governo italiano sulla richiesta di cessate il fuoco a Gaza, dove ogni giorno si aggrava la condizione di civili inermi che hanno l’unica “colpa” di essere palestinesi. Dicono che questa disumanità, che contempla semine di morte e bombardamenti di case, scuole, chiese, moschee, e ospedali sia il prezzo da pagare per arrivare a sradicare Hamas. È inconcepibile e inaccettabile. Così come – ripetiamolo sime ancora una volta – è inaccettabile l’orrore di violenza e di morte premeditato e ferocemente commesso poco più di due mesi fa da uomini di Hamas.
Ma, proprio come la guerra d’Ucraina, che non era cominciata il 24 febbraio 2022 ma otto anni prima, anche la guerra che punta a cancellare Hamas e sta cancellando Gaza non ha avuto inizio il 7 ottobre 2023, ma infuria o cova sotto le ceneri da ormai tre quarti di secolo. E ricordiamoci c’è anche la firma italiana sotto alla Risoluzione 242 dell’Onu che dal 22 novembre 1967 chiede il riconoscimento di Israele, del quale non può essere perseguita la distruzione, e insieme il ritiro delle truppe di questo Stato dai territori occupati con la forza delle armi e in questi anni colonizzati, al di fuori di ogni buon diritto, sottraendo terre, case e dignità agli abitanti palestinesi.
La nostra presidente del Consiglio ha sostenuto che la nuova risoluzione 2712 – concentrata solo e soltanto sulla necessità di una «tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata» a Gaza – fosse «non equilibrata». Se la guerra – assassinio di massa e devastazione sistematica – è folle, e non c’è dubbio che lo sia, nessuna scelta è più equilibrata del non armare i belligeranti, del premere perché si cessi il fuoco e dello scoraggiare in ogni modo la continuazione delle ostilità. Non riuscire a dire, e non fare, neppure questo è molto, molto grave, e non solamente sul piano politico. Vale per la guerra d’Europa, per quella che insanguina la Terra che cristiani, ebrei e musulmani chiamano e sentono Santa e per ogni altro campo di battaglia.
Grazie agli amici lettori che mi hanno portato a sviluppare, in dialogo con loro, questa ulteriore riflessione sull’impegno che ci è chiesto, qui e ora, oltre le logiche di guerra che massacrano la nostra umanità e la verità delle cose.