Pare una cosa semplice, ma si tratta, in fondo, del punto più basilare del cammino di fede: arrivare a credere in Dio è riconoscere quanto Dio ci ama. Questa amorevole, questa smisurata fede che Dio stesso deposita nella nostra umanità è la forza che in realtà ci tiene a galla, è la leva che veramente ci proietta in avanti, è l'ancora che ci spiega a quale porto noi apparteniamo. Non di rado, noi andiamo per la vita sentendo soprattutto il peso del disamore, come feriti dall'ombra di una maledizione, invece di sperimentare la luce gratuita e necessaria di una benedizione. E abbiamo bisogno di saperci benedetti. Nel profondo di noi abbiamo bisogno di questa certezza. Abbiamo bisogno che ci dicano quanto siamo benvoluti e amati da Dio, quanto facciamo parte del suo piano salvifico, qualunque possa essere la nostra situazione, la nostra traiettoria o la tappa del nostro cammino.
Solamente la scoperta dell'amore incondizionato di Dio ci guarisce dal sentimento di orfanità che ci mette costantemente in imbarazzo. Solo questo ci avvicina al cuore di Dio, ci colloca dentro di lui, dopo aver provato la dispersione e la distanza. Al cuore della tradizione cristiana sta irremovibile l'ottimismo che afferma che ogni essere umano è immagine e somiglianza di Dio. Che ogni essere umano, cioè, è capace di essere partner di Dio.
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