sabato 18 dicembre 2021
Don Primo Mazzolari: poco prima che morisse papa Giovanni lo salutò così: «Ecco la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana». Dopo tante avventure un abbraccio. Nato nel 1890 a Boschetto di Cremona, a 22 anni è prete. Arriva la guerra e lui è interventista e cappellano militare. Capirà poi tante cose. Torna a fare il parroco a tempo pieno e sul campo "scopre" i poveri e i lontani, da Dio e dalla Chiesa…Una conversione. Con la parola di fuoco trascina la gente. Fieramente antifascista spaventa clericali e bigotti, borghesi e gerarchi, in tonaca e in camicia nera e il 5 agosto del 1931 gli sparano sfiorandogli la testa. Più volte ammonito, anche in casa di Chiesa, non si lascia intimidire. Nel 1932 diventa arciprete di Bozzolo, in riva al Po. Di giorno è tra la gente, di notte prega o scrive: 28 libri da vivo, 5 glieli pubblicano postumi, più due Diari, 4 volumi di lettere e 3 di discorsi. Le sue prediche incantano, ma talora scandalizzano. Per un intero mese di maggio parla sempre di Pinocchio: contro tutti i bugiardi, di regime e di sagrestia, di partito e di propaganda…A marzo 1934 pubblica «La più bella avventura», sulla parabola del Figlio Prodigo. I lontani scapestrati si scoprono vicini, e i vicini superbi diventano lontani: da Dio. Segue denuncia al Sant' Offizio e condanna del libro. Nel 1937 per un suo articolo su «Cattolici italiani e comunismo» il prefetto sequestra il settimanale diocesano, «La Vita cattolica». Nel 1941 «Tempo di credere» è sequestrato ancora in tipografia. Per un discorso sui "caduti" in guerra, rispettoso con questi, ma duro con chi li manda a "cadere" lo portano in Tribunale. Anche nella Chiesa lo attaccano, e lui per difendersi scrive un opuscolo, «Anch'io voglio bene al Papa», che solleva un vespaio tra preti e bigotti. Nel 1943 per due suoi libri, «Della fede» e «Impegno con Cristo» arrivano i fulmini del Sant' Offizio: “censura”, se non nella sostanza, almeno nella forma… Partecipa alla Resistenza, e scrive: «Cominciamo a gettare i ponti per una ripresa cristiana». Nel 1944 lo arrestano due volte: scappa e resta alla macchia con i partigiani fino a fine guerra. Fonda «Adesso», giornale per la ricostruzione morale dell'Italia. È il 1949, e propone «la rivoluzione cristiana»: dà fastidio a preti, democristiani e comunisti. Si impegna forte per la pace contro ogni guerra, dialoga con tutti. Si scontra anche con i rossi, che volevano l'esclusiva e cercavano alleati utili idioti che non muovessero critiche. Tempo di scontro Est Ovest, e lui si fa pacifista e scrive un memorabile opuscolo, «Tu non uccidere», del 1955, che dà fastidio. Il Sant'Offizio glielo ritirerà nel febbraio del 1958. Però arriva qualche consolazione: nel 1957 l'arcivescovo Montini lo chiama a Milano, a predicare la Missione al Popolo, tra lo scandalo dei benpensanti. Muore Pio XII e arriva Giovanni XXIII, che gli voleva bene. Lo volle vedere, superando vari ostacoli, anche in Vaticano. Il 24 febbraio 1959 lo abbracciò, con quel saluto visto sopra. È la bonaccia? Ma aveva dato tutto, don Primo, a Dio, alla Chiesa, agli uomini. Domenica 5 aprile 1959 è colpito da un ictus mentre parla alla sua gente di Bozzolo. Muore il 12 aprile 1959. Aveva detto qualche giorno prima: «Lasciatemelo dire, se c'è una soddisfazione che domando al Signore, è questa: che quando chiuderò gli occhi io possa dire: i miei figlioli camminano bene». Nel testamento scrisse: «sotto lo sguardo della Madonna, mi preparo al distacco supremo…Non possiedo niente. La roba non mi ha fatto gola, e tanto meno occupato. Non ho niente, e son contento di non aver niente da darvi…Chiudo la mia giornata come credo di averla vissuta, in piena comunione di fede e di obbedienza alla Chiesa…so di averla amata e servita con fedeltà e disinteresse completo». Don Mazzolari: un grand'uomo, modesto e sereno, un gran prete, per nulla gonfio di sé. Insomma: un santo, i piedi per terra, la testa in cielo, e il cuore mangiato da tutti…
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