domenica 18 ottobre 2020
Quante maschere attorno a noi negli ultimi sette mesi. E quante discussioni, tra chi la apprezza come barriera contro il virus e chi la detesta come "limitatrice della libertà", strumento della "dittatura" e del "terrore" imposto dai "poteri forti", e altre amenità. Maschere indossate con senso del dovere o con fastidio. Maschere che, essendo di ridotte dimensioni e coprendo solo la minima parte necessaria del volto, volgono al diminutivo: mascherine. Maschera parolina, dunque, ma anche parolaccia.
Maschera è parola plurisignificante, che per essere compresa ha bisogno di essere collocata in un contesto. Ciò suscita immediatamente il fastidio ostile di chi di contesto detesta sentir parlare. Quante complicazioni! Una parola è quello che è, si obietta, perché doverla collocare in un contesto? Perché questi inutili "sociologismi"? In realtà, il contesto è necessario proprio per eliminare ogni ambiguità e consentire la comprensione piena, con buona pace dei suoi detrattori.
La maschera infatti può svolgere essenzialmente quattro funzioni, a volte legate tra loro: celare, rivelare, ingannare e proteggere. La mascherina anti-Covid protegge: chi la indossa e chi gli sta accanto. Nessuna ambiguità, ma solo perché a tutti è noto il contesto: siamo sotto attacco da parte del virus SARS-CoV2. Ma osserviamo la maschera dello speziale, quella con il lungo becco che fa assomigliare chi la indossa a un uccellaccio o a una creatura infernale. Se non conosciamo il contesto – le ricorrenti epidemie di peste che funestarono per secoli l'Europa – ignoriamo pure che in quel becco erano collocate sostanze balsamiche che si sperava tenessero lontane le emanazioni del morbo.
La maschera dello speziale era a scopo protettivo, anche se spaventosa. La maschera di ferro, applicata al viso del misterioso prigioniero che tra Sei e Settecento albergò nelle carceri di Pinerolo, dell'isola di Sainte-Marguerite e della Bastiglia serviva, pare, a celare il volto dei fratello gemello di re Luigi XIV, pericoloso possibile aspirante ed erede al trono. Nel film del 1998 i gemelli sono interpretati da Leonardo di Caprio. Storia vera, verosimile o parto della fantasia, fu narrata da Alexandre Dumas nel Visconte di Bragelonne.
Chi si cela dietro la maschera? Nascondendo le mie fattezze, posso compiere nefandezze: i banditi sono spesso mascherati. Ma posso anche servire la giustizia come Zorro. Posso darmi alla pazza gioia in mezzo a tanti altri mascherati, quando la maschera si allunga e diventa costume di Carnevale. La maschera può conferire i poteri straordinari della divinità o del personaggio rappresentato: un bambino mascherato da Uomo Ragno, alla fine della festa, confidò deluso alla mamma: "Questa maschera non funziona, non riesco a fare le cose dell'Uomo Ragno". Ma la maschera di Loki, il norreno dio degli inganni e dei travestimenti, conferisce a Jim Carrey poteri straordinari, ovviamente ambigui, in un altro film, The Mask (1994).
In guerra la maschera serve a terrorizzare il nemico; a teatro a creare dei "tipi". Pirandello esplora soprattutto il carattere ingannevole delle maschere che facciamo indossare alla nostra anima, una, centomila e alla fine nessuna, perché nelle molteplici identità l'unica vera si smarrisce, financo a chi le indossa e non sa più chi è per davvero. La verità si afferma quando ci liberiamo dalla maschera che fin da bambini cominciamo a indossare, nostro malgrado, ritornando così, da personaggi, persone. È un disvelamento che ci terrà impegnati per tutta la vita, anche quando la mascherina anti-Covid giacerà nell'indifferenziata. Non per terra lungo i marciapiedi, accidenti a voi.
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