«Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, perché sento parlare della tua carità e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi. La tua partecipazione alla fede diventi operante, per far conoscere tutto il bene che c'è tra noi per Cristo. La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente consolati». Un suggello d'amicizia fraterna lega Paolo a Filemone, destinatario di questo caldo “biglietto” che l'Apostolo scrive in prigionia. In una lettera a Paolo Cortesi - parte di una raccolta pubblicata qualche anno fa - Pico della Mirandola spiega la differenza tra il ritratto e l'epistola: quest'ultima sa rappresentare i più intimi sentimenti e portare all'amico lontano i segreti del proprio cuore. Uno strumento essenziale all'amicizia, valore che l'umanesimo fa tenacemente proprio ripescandolo dal mondo antico, classico e biblico. «Duo sunt bene instituti animi solatia: litterarum otium, et fidelis amicitia» diceva il Petrarca. Per mezzo di lettere anche Pietro non solo coltivò l'amicizia ma ne fece fonte di grazia: «Salutatevi l'un l'altro con un bacio d'amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!» (1Pietro 5,14).
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