Alfredo Ottaviani: “Semper idem” (Sempre uguale). Era il suo stemma di vescovo e cardinale. Voleva così anche per la Chiesa, ma in tutto… Nato nel 1890 a Trastevere, in una Roma anticlericale e socialista, "terza Roma" laica e democratica dopo quella latina e papalina. Studia dai Fratelli delle Scuole Cristiane, entra al Seminario Romano e nel 1916 è prete. Lauree in filosofia, teologia, diritto. Insegna e fa il prete tra i ragazzi dell'Oratorio di San Pietro: non li lascerà fino alla morte. Lavora anche in Curia: a Propaganda Fide e dal 1928 in Segreteria di Stato: sottosegretario, poi sostituto, e con accanto un giovane prete, Giovanni Battista Montini, del tutto diverso. Lui vorrebbe i cattolici in tutti i partiti, Montini coccola i suoi giovani, tutti futuri dc. Lui è vicino ai “clericalfascisti” di Egilberto Martire, Montini è ostile al regime, si ispira al pensiero democratico e laico francese e cerca il dialogo con la modernità. Nel 1935 Pio XI manda Ottaviani assessore al Sant'Offizio, per trattare sul campo tutti i pericoli per la fede e i problemi di frontiera: negli anni tratta i rapporti con i comunisti in Francia, poi con le “nuove teologie” dei giovani Congar, De Lubac e Chenu, la nascita di una cosa che si chiama “ecumenismo” e si fa movimento, poi i comunisti anche in Italia, e persino i preti operai. Tocca a lui nel 1949 la firma del decreto di scomunica ai comunisti: in teoria alla lettera colpisce solo i vertici, e in mala fede, ma è visto come atto politico… Sostiene e difende in prima fila la Chiesa del Silenzio nei Paesi dell'Est. Una volta nata e vincente, la Dc per lui deve essere chiusa ermeticamente a sinistra, ancorata al centro, e se occorre alleata a destra. Al solito, Montini la pensa diversamente. Nel 1953 Pio XII fa cardinale Ottaviani e nel 1954, anche spinto dalla Curia “manda” Montini a Milano, ma non lo fa cardinale. Ottaviani lavora al coperto, ma nel 1958 arriva Giovanni XXIII e lui capisce che deve scendere in campo in prima persona, anche in contrasto con la linea del nuovo Papa. Perciò condanna la cosiddetta “apertura a sinistra” di Moro e Fanfani, allievi di Montini, ai socialisti. Nel '54 biasima pubblicamente il viaggio del presidente della Repubblica Gronchi nell'Urss, e bolla i cattolici che guardano a sinistra: “comunistelli di sagrestia” dai “facili atteggiamenti profetici”, come quel Giorgio La Pira che va in Urss e in Vietnam a dialogare con Krusciov e Ho Chi Min, ma il Papa fa sapere di non pensarla allo stesso modo. Comincia il Concilio, che Ottaviani ha accolto con diffidenza, e subito le cose si mettono male per chi la pensa come lui. Papa Roncalli ha iniziato il terremoto, ma saluta tutti. Nuovo Conclave, e il 21 giugno 1963 tocca proprio a lui, protodiacono, annunciare il nuovo Annuntio Vobis con quel nome, il primo che mai avrebbe voluto pronunciare dal balcone di San Pietro: Giovanni Battista Montini! Col pontificato di Paolo VI e le altre sessioni del Concilio lui, “carabiniere della fede”, pare la sentinella del passato . Con l'Ecclesiam Suam, l'enciclica sul dialogo, nel '64 Paolo VI volta pagina, e in Concilio lui è tra i leader massimi della minoranza agguerrita, ma sconfitta. A 80 anni, nel 1970, va a malincuore in pensione. Paolo VI muore nel 1978, con l'Italia in vertiginoso cambiamento. Lui gli sopravvive, continuando fino alla fine a curare i ragazzi del suo Oratorio di San Pietro, ma un po' malinconicamente. Muore nel 1979. Nella sua Roma c'è un sindaco comunista, ma in Vaticano c'è un certo Karol, che di comunismo se ne intende. È andata che il comunismo non c'è più, la fede c'è ancora, e anche la Chiesa di Cristo e del successore di Pietro, di nome Francesco. Da lassù la vista è ottima e Alfredo Ottaviani, trasteverino verace, stavolta sorride.
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