La grande forza della storia vince sulla piccola mediocrità del presente. Nonostante la pessima gestione delle aziende municipalizzate con servizi pubblici da Quarto Mondo, nonostante la mancanza di decoro nelle strade e di senso civico nelle teste di tanti romani, nonostante l'insensata rinuncia a sfide globali e rivitalizzanti come le Olimpiadi, Roma resta molto attraente agli occhi dei cittadini del mondo.
La prima città al mondo per "attrattiva ambientale", seguita da Vienna e Parigi, e l'ottava nella classifica assoluta della reputazione (con Venezia al dodicesimo posto e Milano al ventunesimo): è il risultato contenuto nella classifica annuale del Reputation Institute, un'indagine seria e approfondita che si basa su 22mila interviste realizzate nei Paesi del G8.
È un dato sorprendente, dovremmo commentare in questa fase prolungata di "cupismo" in cui è immersa la Città Eterna. In realtà il distacco con cui può valutarci un cittadino americano o tedesco ci consente di rifocalizzare l'immagine di Roma, ricollocando in primo piano l'impagabile unicità dell'arte millenaria e sullo sfondo la straziante inefficienza della gestione ordinaria.
E ci ricorda anche che le città globali non sono soltanto una somma di strade, monumenti e negozi, ma soprattutto "brand" ai quali è associata un'esperienza da vivere. Esperienza che dovrebbe essere il primissimo campo di analisi e d'azione per chi governa la città. Per attrarre sempre più turisti di qualità, in grado di apprezzarci compiutamente e di lasciare più ricchezza materiale e umana sul nostro territorio, e soprattutto per fare dell'appeal turistico la principale leva di buon governo della città.
Ma se il centro storico di Roma è uno straordinario "museo a cielo aperto" – e se questo elemento rappresenta l'unica vera polizza assicurativa dello sviluppo e del benessere della Capitale e dei suoi abitanti – come si può consentire ancora che sia invaso a ogni ora del giorno e della notte da giganteschi pullman turistici che distruggono le strade e inquinano, alterando il suo fragile micro-clima? O che sia militarmente occupato da venditori ambulanti e baracchini irregolari (ed esentasse) che agiscono indisturbati, nonostante una concentrazione senza pari di vigili e forze dell'ordine? O ancora, che la sporcizia delle strade sia il principale ricordo ambientale che qualsiasi turista porterà a casa con sé?
È facile darsi una risposta. Molto più difficile sinora creare nell'opinione pubblica della città la consapevolezza che il più grande "museo" del mondo ha bisogno di cura. E di scelte coraggiose.
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