L'amaro tienlo caro, diceva mia suocera. E io la cito invano in famiglia; ormai mi sento molto più vicino a lei che alle mie figlie. Ma capisco che è difficile spiegare loro, laicamente, che la nonna aveva ragione. Il cristiano deve saperlo: nella sua croce c'è la sua resurrezione. Ma chi non crede? Eppure mi sembra che la massima, come mia suocera la enunciava, abbia anche una radice civile. Lei era cattolica praticante; però la sua cultura, un po' retrodatata, aveva ascendenze diverse: tardo-risorgimentali e patriottiche, se mai; e per il moderno, montessoriane. Ciò aiuta a capire che, anche secondo convinzioni e ideologie diverse fra loro, quanto ci insegnano le sofferenze è prezioso, insostituibile. Le occasioni di dolore esistono, di per sé, nella vita: è giusto - credo doveroso - cercare di evitarle, in ogni modo lecito. Ma quando non ci si riesce, bisogna adoperarle: per capire ciò che altrimenti non si capirebbe; per diventare migliori, come altrimenti non si saprebbe. Di fronte a certe situazioni, anche collettive, sociali, si ha l'impressione che chi vi è coinvolto non abbia frequentato adeguatamente la scuola del dolore, cui pure era iscritto. Non perché dal dolore sembri indenne: anzi è infelicissimo; invece perché ne ha fatto cattivo uso, perché non ne ha voluto profittare.
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