L'agricoltura continua ad essere il più valido ostacolo all'aumento dei prezzi. Si tratta di ciò che i tecnici chiamano «effetto antinflattivo» e che, detto in parole semplici, si traduce nel fatto che mentre i prezzi della gran parte dei prodotti non agricoli crescono in maniera abbastanza continuativa e generalizzata, quelli della produzione agricola continuano a
diminuire, almeno all'origine. Una sorta di dato di fatto che, tuttavia, fornisce ogni volta elementi nuovi per ragionare sulla situazione delle imprese agricole.
Questa volta, poi, gli spunti di ragionamento appaiono anche maggiori. Dopo anni, infatti, è stata osservata la tendenza all'aumento dei consumi familiari di verdure e ortaggi (+5,5%). Un fenomeno attribuito proprio
al contenimento dei prezzi tendenziale del 3,3% registrato dall'Istat ad aprile e che per la frutta è arrivato al -5,6%. Insomma, mentre fino a poco tempo fa prezzi e consumi di prodotti agricoli diminuivano insieme - creando più di un problema agli agricoltori - negli ultimi tempi la situazione è cambiata, probabilmente in meglio per chi produce. Ma non basta. Le rilevazioni Istat per aprile, evidenziano anche una ripresa dei prezzi della carne di pollo, anche se questi rimangono inferiori del 6,3% a quelli dello scorso anno, prima dell'emergenza aviaria.
Buone notizie, dunque, che la Coldiretti commenta spiegando che «l'aumento dei consumi di verdure e ortaggi è un segnale positivo per un Paese che ha la leadership europea in quantità e qualità nell'offerta di ortofrutta, e che potrebbe essere ulteriormente sostenuto dalla riduzione della forbice tra produzione e consumo per garantire una remunerazione adeguata agli agricoltori e condizioni di acquisto convenienti per i consumatori».
Ma l'effetto «contenitivo» dell'agricoltura sull'andamento dei prezzi conserva comunque tutti i suoi aspetti negativi per altri comparti. Basta pensare al latte. Gli attuali prezzi di acquisto alla stalla - ha sottolineato la Cia, commentando sempre l'Istat - sono inferiori a quelli del 1995. Quell'anno, infatti, il costo al litro era pari a 0,360 euro, oggi gli allevatori arrivano a 0,336 con la prospettiva, indicata dalla stessa organizzazione agricola, di un ulteriore abbassamento chiesto dall'industria di trasformazione.
Insomma, segnali positivi si alternano a indicazioni negative per importanti produzioni agroalimentari come quelle lattiere. Mentre il livello dei costi di produzione non accenna a diminuire. Basta pensare che nel primo trimestre dell'anno la cosiddetta «bolletta petrolifera» per il settore agricolo è cresciuta di oltre il 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L'agricoltura vive quindi una situazione forse più delicata del solito: deve crescere sui mercati senza per questo farsi strozzare dai costi di produzione. Una sfida che si può vincere con la cooperazione di tutti, facendo sistema come è di moda dire oggi, sempre che davvero lo si voglia.
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