Amare è l’unica cosa che ci viene chiesto di fare come cristiani. E il modello è quello del Crocifisso: il Figlio di Dio che dona fino in fondo la propria vita, accogliendo il mondo per quello che è, con le sue ferite e i suoi errori. E a questo amore infinito si affidò san Paolo Miki, non solo mentre andava verso il supplizio che lo attendeva a Osaka nel 1597 ma nell’intera sua vita, spesa come apostolo del Vangelo in mezzo alla sua gente. Nel momento del martirio assieme a lui venivano crocifissi tre gesuiti, cinque francescani missionari e 17 giapponesi terziari di San Francesco. Paolo Miki fu il primo religioso giapponese, nato a Kyoto nel 1556 e battezzato all’età di 5 anni. A 22 anni entrò tra i gesuiti, dedicandosi da subito alla predicazione: un impegno che includeva anche il dialogo con i buddhisti, nel quale Miki si distinse in maniera particolare. Tra il 1582 e il 1584 compì una visita a Roma assieme a una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma fu per volere dello stesso Shogun – diventato persecutore dei cristiani per motivi politici e culturali – che Miki fu arrestato nel dicembre 1596 a Nagasaki e ucciso poche settimane dopo. Le sue ultime parole furono pronunciate a latino: nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito.
Altri santi. San Guarino di Palestrina, vescovo (1080-1158); san Francesco Spinelli, sacerdote (1853-1913).
Letture. Romano. 1Re 8,22-23.27-30; Sal 83; Mc 7,1-13.
Ambrosiano. Sap 17,1-2.5-7.20-32.18,1a.3-4; Sal 105 (104); Mc 10,46b-52.
t.me/santoavvenire
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