Ma quanti punti darebbe al FantaSanremo un
Vasco Rossi che sale ubriaco sul palco dell’Ariston, canta Vita spericolata e poi si porta via il microfono? Me lo chiedevo ieri notte alla sesta ora della terza serata di questo Festivaltrash, il più trash dai tempi di Marconi, pardon di Baudo. Perché le classifiche subiscono tsunami appena ci si sposta dall’umana e reale sala stampa agli abissi misteriosi della Rete. Per i socialoni-smanettoni, uno vale uno, e tutti sono big allo stesso modo, a partire da BigMama. Nessuno si senta escluso e tanto meno una “nuova proposta”. Il cantautore Mimmo Locasciulli l’altro giorno mi ha riportato con la memoria al Sanremo del 1985. Ebbene in quell’edizione Eros Ramazzotti, al secondo Festival, era ancora nella categoria “nuove proposte”. Eugenio Finardi
che aveva cominciato a pubblicare dischi nel 1975 veniva annoverato come “esordiente”, insieme al pregiatissimo Banco del Mutuo Soccorso e a un altro gigante del cantautorato, Ivan Graziani, che già nel ‘79 con Agnese dolce Agnese aveva stregato un’intera generazione. La maggioranza canterina qui ha scavalcato la gavetta e si è ritrovata al centro del villaggio sanremese con la finta laurea di stella nascente. Merito dei social, dello streaming e di tutte le diavolerie internaute che fanno di un Gioelier un’icona della canzone napoletana, al pari, se non di più, di una leggenda come Pino Daniele. Non vogliamo essere tacciati di nostalgici impenitenti, né tanto meno di discriminatori della nuova gioventù partenopea. Ogni generazione è legittimata ad avere i propri miti, ma per essere annoverati tra i grandi della musica
prima bisognerebbe aver fatto un percorso artistico un po’ più lungo e “reale” e non istantaneo e virtuale, come quello che capace di creare il genio in un lampo e l’attimo dopo lo distrugge con un tik-tok. Il FantaSanremo è uno dei tanti circoletti viziosi e virtuali. Siti battuti persino dal Negramaro Sangiorgi che si presta al gioco della bottiglia sul palco con il bacino rosso alla conterranea Emma, solo per far punti al “fantacanto”. È una gara, d’accordo, e pure nella Repubblica fondata sul pallone esiste un Fantacalcio, ma almeno lì ancora i punti derivano dai gol segnati in campo e non dall’abbraccio o il bacio fluido dei calciatori a favore di telecamera. Se il senso di tutto è diventato il nulla che avanza, allora sarebbe il caso di ripensare le regole di un gioco che andrebbe disputato da artisti con la “A” maiuscola e giudicati esclusivamente per quello che dicono in musica e parole. In questo Festival, Chiamami ancora amore di Roberto Vecchioni, una delle canzoni sanremesi più belle di sempre, probabilmente non avrebbe mai vinto, come invece accadde nel 2011 (il conduttore era Gianni Morandi, altro gigante sempre con il senno di poi, e le canzoni in gara 22). Ieri sera il prof. Vecchioni si è ripresentato a 80 anni suonati per duettare con il millennial Alfa sulle note di Sogna, ragazzo sogna”. Canta Vecchioni, canta poesia che sgorga da tante letture fatte, da una laurea in Lettere antiche, certo, ma soprattutto da tanta gavetta fatta quando Fantasanremo era solo un eufemismo.
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