Il tempo della felicità
martedì 7 gennaio 2025
La giovinezza è l’età più bella della vita. È questo, per lo meno, ciò che dicono i vecchi, e Qoelet deve far parte della categoria, dato che con loro condivide questo luogo comune invitando i giovani a godere appieno della vita «nel tempo della giovinezza e dei capelli neri». A goderne prima che sia troppo tardi, prima che vengano i giorni in cui si dirà «non ci provo alcun gusto», prima di questa vecchiaia che egli descrive, con immagine suggestiva, come la sera quando le ombre si allungano (Qo 12,1-7). Per i giovani, pertanto, non c’è che un comandamento: «Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi» (Qo 11,9). In questo talvolta viene vista, a torto, l’espressione di un edonismo poco biblico, un incoraggiamento al piacere a tutti i costi, o addirittura un inno alla giovinezza. Qoelet esprime, in realtà, una verità elementare: il tempo della felicità non è la gioventù, ma il presente. L’avvenire è incerto, la felicità è fragile e spesso inspiegabile: bisogna afferrarla quando passa. Ma in che modo? A conclusione della sua ardua indagine, Qoelet non lo chiarirà. Ma avere un cuore disponibile alla felicità è la sfida che si pone al profeta Geremia, che così descrive l’uomo dal cuore indurito: «Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene» (Ger 17,6) – quel massimo bene che è la felicità. © riproduzione riservata
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