Echi se lo aspettava, durante il girovagare per il Molise, di trovarsi di fronte a una delle più incredibili testimonianze di vita monastica, con personaggi come Sant'Ambrogio Autperto, primo abate di San Vincenzo al Volturno, mariologo citato anche da papa Ratzinger nel 2009 e maestro di Carlo Magno? La visita ai resti del monastero, messo a ferro e fuoco nell'881 dagli arabi, che sgozzarono gran parte degli 800 monaci residenti, è possibile grazie a un gruppo di volontari che, nel rispetto delle leggi sul Covid, permettono a 20 persone al giorno di visitare la cripta di Epifanio, rimasta miracolosamente intatta, con un ciclo di affreschi dedicati alla vita di Gesù e di Maria. Poco distante c'è l'Abbazia ricostruita, abitata dalle monache benedettine afferenti a Montecassino. Ogni anno a settembre un gruppo di pellegrini organizza una camminata da Montecassino alla Piana della Rocchetta, che termina con un momento conviviale nel vicino agriturismo Costantini, che produce salumi e formaggi, evocando in qualche modo i fasti di un'attività monastica agropastorale che, nel 787, coinvolgeva ampi territori del Sud Italia con 10 chiese.
Tutto bello e interessante? Interessante molto, ancor più quando fa riaffiorare la storia della civiltà Longobarda e i suoi nessi col monachesimo; bello un po' meno, quando scopri che le piastrelle con impresso i nomi di ognuno dei monaci, sono state coperte da plastica e sabbia per preservarle (?). Ora, non so chi sia stato il genio che ha pensato a una soluzione del genere, che sembra più incuria che protezione; così come è un peccato sapere che quello che potrebbe essere il più grande museo dell'Alto medioevo, con migliaia di pezzi che non vedono la luce, di fatto non esista. Immagino che ci siano dei responsabili (pagati), magari anche dei progetti (finanziati), ma lo spettacolo che il visitatore ha di fronte è quella plastica mista a sabbia che, secondo una legge della deresponsabilizzazione, dovrebbe proteggere. Poco più in là, a Scapoli, c'è il museo della zampogna. Piccola cosa rispetto a San Vincenzo, ma è chiuso. Allora l'appello di oggi va diritto al ministero dei Beni culturali, che dovrebbe verificare lo stato dell'arte (nomen omen) di certe situazioni, prima di proclamare a gran voce che l'Italia è cultura e turismo. Purtroppo l'Italia vista così è un pasticcio, alimentato da una scarsa sensibilità al bene comune. E la filiera dell'attrattiva rimane spezzata, magari solo per un'alzata di spalle dentro a un qualche ufficio di città.
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