In tutto il globo fa caldo, sempre più caldo, e andando avanti di anticiclone in anticiclone, assediati dall’emergenza climatica, inchiodati ad assistere a catastrofi di molti generi molte delle quali in diverso modo legate alle temperature, ci è difficile prendere le misure del reale cambiamento in atto. Siamo disorientati, preoccupati, abbozziamo sorrisi e incerta contentezza per questo sempiterno sole, intanto sforzandoci di godere di sudate e tintarelle fuori tempo e fuori luogo: ma la realtà è che siamo spersi, e sbalestratissimi. Senza molto capire, né renderci conto di cosa concretamente poter fare per far fronte. Una scienziata e giornalista scientifica inglese, Gaia Vince, descrive i termini della situazione climatica mondiale. Con una prosa limpida, di estrema chiarezza divulgativa, nel suo libro Il secolo nomade (uscito per Bollati Boringhieri nella traduzione di Giuliana Olivero), oltre a elencare i termini del possibile (probabile) collasso climatico, Vince elenca le priorità indispensabili per poter sventare, o quantomeno contenere, l’esponenziale aumento delle temperature. Prevede, accanto ai mutamenti del tempo atmosferico, altri invece pertinenti al tempo umano. Perché saremo individui diversissimi da ora, scrive: tutti ci muoveremo, cambieremo casa e Paese di continuo, al punto che di qui a meno di cent’anni saremo, la grandissima parte di noi, diventati nomadi nostro malgrado. Costretti a spostarci in massa seguendo lunghe scie migratorie generate e alimentate dall’urgenza del caldo torrido, la continua mobilità sarà cifra del nostro stare al mondo. Assediati dalle temperature troppo elevate, vivremo erranti e senza patria: entro l’anno 2100, più che probabile che a causa del clima il mondo conterà due miliardi di rifugiati. Due miliardi di rifugiati tra poco più di settant’anni: arduo, ai limiti dell’impossibile, realizzare nel pensiero una prospettiva del genere. Come per ogni distopia o descrizione apocalittica del futuro, figurarsi in concreto determinati scenari costa sforzo, e una buona dose di coraggio dell’immaginazione. Per quanto la nostra possa con ragione venir definita una società ansiosa, sempre troppo reattiva agli stimoli di apprensione continua che ci vengono inflitti (dall’informazione in primo luogo), per quanto da spettatori possiamo appassionarci a film e romanzi distopici, lo stesso chiunque di noi nutre una istintiva resistenza a calarsi con il pensiero nei panorami di domani. Uno degli ostacoli che impediscono una reale azione preventiva di fronte al probabile disastro futuro del surriscaldamento del clima, è la nostra difficoltà a proiettarci in avanti, a prefigurarci le cose per davvero, sul serio. E invece prevedere con realtà, nel dettaglio, comprendere gli scenari come ci aiuta a fare con massima precisione immaginativa la scienziata e divulgatrice Gaia Vince, anziché moltiplicare l’ansia, un poco la mitiga. Sapere proiettarsi nelle conseguenze future del presente è una piroetta del pensiero, ardita, sperticata, non facile da attuare; eppure è procedimento che di per sé indica una strada, nel mentre suggerisce una forma di sopravvivenza. Non è distogliere lo sguardo la soluzione, né mantenere il pensiero a galleggiare nella opacità di una prefigurazione solo vaga, catastrofista ma in maniera astratta. Informarsi, documentarsi piuttosto: capire, una volta per tutte, che questo caldo sinistro sempre più sarà nostro, e come attraversare nel miglior modo un processo globale che da tempo è in atto in modo irreversibile. Per il futuro vale la stessa regola che per il passato o il presente. Un lucido pensare, per quanto possibile, un nitido guardare, che vuol dire anche, il più possibile, realistico immaginare. Il clima impazzito è qui, è adesso: non è rifuggendone l’oggettiva esistenza che ci salveremo. Informandoci, piuttosto, coltivando in noi nuove attitudini, nuovi gesti, così come la speranza in altre e diverse decisioni prese dai potenti del mondo. E fare tutto questo a partire da un realistico senso delle misure di un presente che prepara il futuro, perché se ne cura e lo prende in carico.
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