
«Avevo raggiunto tutti gli obiettivi, però non ero contento, non ero felice e non sapevo perché. Mi sono trovato di fronte al problema dell’esistenza, che tutti prima o poi siamo chiamati a risolvere. Ho avuto un’esperienza straordinaria di coscienza, che mi ha fatto capire che bisogna cambiare il modo di vedere la realtà. La materia è semplicemente l’inchiostro con cui la coscienza scrive l’esperienza di sé». Sono parole non proprio ordinarie per un fisico, che generalmente cerca di spiegare tutto con lo studio appunto della materia. Se poi questo fisico è anche l’inventore del primo microprocessore per personal computer, ovvero di quel piccolissimo congegno che ha inaugurato l’era dell’intelligenza artificiale, la riflessione risulta ancora più sorprendente. Ed è in effetti sorprendete la storia di Federico Faggin, lo studioso in questione, inventore e imprenditore, un genio italiano trasferitosi in California alla fine degli anni Sessanta, dopo aver studiato fisica in Italia, trovando negli Stati Uniti il terreno fertile per realizzare le sue idee. «Senza di lui – dice oggi Bill Gates – la Silicon Valley sarebbe solo una valle». Da questo e da altri riconoscimenti parte anche il documentario di Marcello Foa, Federico Faggin - L’uomo che vide il futuro, realizzato con Alessandro Visciano e Paolo Guerrieri, prodotto da Zeta Group in collaborazione con Rai Documentari e Rsi Televisione Svizzera, presentato in anteprima nei giorni scorsi alla Camera dei deputati nell’aula dei Gruppi parlamentari, andato in onda ieri in seconda serata su Rai 3. Il documentario in una cinquantina di minuti condensa la straordinaria esistenza di Faggin: dall’infanzia a Vicenza segnata dall’incidente a un occhio, che gli impedirà il sogno di diventare pilota d’aereo, alle grandi invenzioni tra cui il sistema del touchpad e del touchscreen (interfaccia che oggi consente a tutti di utilizzare gli smartphone), alla bella famiglia, fino all’«esperienza straordinaria» che gli cambierà la vita, una notte del 1990 prima di addormentarsi, e che lui stesso racconta come il senso di «un’esplosione dal petto di un’energia potentissima che sapeva di amore, di gioia e di pace: l’essenza della coscienza umana». A partire da questa visione, unendo scienza e spiritualità per capire il senso della nostra esistenza, Faggin ha formulato una teoria della coscienza fondata sulla fisica quantistica, che è anche una teoria dell’universo: il tutto che vuole conoscere se stesso attraverso l’esperienza e la conoscenza di ogni singola e irripetibile coscienza. «Conoscere se stessi – spiega Faggin – è anche conoscere gli altri. Per cui la cooperazione è fondamentale. La nostra società oggi ha dei problemi perché ognuno di noi vuole essere superiore all’altro, un bisogno di competizione che porta alle guerre, alla disfunzione della società e persino al disastro climatico».
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