Ci sono molti luoghi, in Rete, che mostrano incroci fecondi tra i grandi, i bambini e la fede; in particolare, nelle passate settimane segnate dal distanziamento sociale, i bambini hanno assunto, nei racconti delle preghiere in famiglia, un ruolo da protagonisti. Molto spesso questi luoghi sono abitati, e frequentati, da delle mamme, talvolta dedite esclusivamente al «lavoro» in famiglia, più spesso «acrobate» (celebre definizione che ha dato anche il titolo a un sito) tra la casa e gli altri «lavori». Nei giorni scorsi uno di questi incroci si è palesato sul blog “Settimananews” ( bit.ly/3cmFKSl ): lo firma «una mamma» che preferisce, qui, «restare nell’anonimato» pur esplicitando la sua professione di (ottima, direi) teologa. Ragionando sull’educazione religiosa dei figli, e sulla difficoltà che spesso hanno le famiglie, afferma la sua convinzione che «il bambino abbia un senso della fede assolutamente spontaneo», aggiungendo: «l’esperienza di madre mi insegna insieme agli studi e più dei miei studi». Così il post prosegue raccontando «piccole scene di semplice vita famigliare» che possano trasmettere ad altri genitori «questo senso di fiducia». C’è la richiesta di un bambino a entrambi i genitori di ripetere su di lui il segno di croce che vede loro fare prima del Vangelo; ci sono domande sulle ferite di Gesù a partire dalle icone che lo ritraggono; c’è il desiderio non mediato di volere essere come il discepolo più amato. Davvero merita di essere incorniciata la conclusione, a maggior ragione sapendo che appartiene a una mamma–teologa: «I miei figli sono diventati per me catechisti. Mi aiutano nella relazione con un Dio che è Padre. Mi chiedono l’impossibile con l’assoluta certezza di essere accontentati. Mi danno la giusta percezione della onnipotenza di Dio che è totale potenza nella fiducia dell’affetto. Penso che anche il Padre si commuova – come io mi commuovo coi miei figli – nel vedere tanta sconfinata fiducia in Lui».
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