
«Da ragazza ero una credente seria. Scuola cattolica, Messa ogni domenica alle 9, il coro. Da adolescente sono entrata persino a far parte di un gruppo di volontari dei gesuiti». Ma a trent’anni Helene Stapinski, che era cresciuta proprio di fronte alla chiesa di Nostra Signora di Czestochowa nel quartiere polacco di Jersey City, ha mollato tutto. «Ho lasciato la Chiesa poco dopo la nascita dei miei figli – spiega –. Li abbiamo fatti battezzare, ma a causa dello scandalo degli abusi sessuali me ne sono andata sbattendo la porta e non mi sono mai voltata indietro». O quasi. Helene ha infatti continuato ad andare in chiesa una volta all’anno per la Messa di suffragio per suo padre, che i bambini non avevano mai conosciuto. Ma quello, si diceva, non conta: «Era un gesto d’amore nei confronti di mio papà che il Giovedì Santo si faceva lavare i piedi dal sacerdote e ogni domenica faceva la questua da un banco all’altro».
Helene non nutriva rimpianti, ma temeva che non avere radici spirituali avrebbe influenzato negativamente lo sviluppo morale dei suoi bambini. Allora ha comprato loro una Bibbia illustrata e gli ha parlato di Gesù. «Non era con Gesù che avevo un problema – dice –. Era la con Chiesa». Non avere una parrocchia non sembrava turbare i suoi figli. «Mi ricordo che durante una delle nostre visite annuali Dean, che aveva sei anni, ha informato il prete che veniva solo per le canzoni», dice Helene, che non si aspettava certo che, 15 anni dopo, Dean mostrasse interesse per la Chiesa cattolica. «Mio figlio, che oggi è uno scrittore, ha cominciato a pubblicare una storia su un santo medievale dimenticato, poi una su un adolescente americano che vuole diventare santo, quindi un’altra su una guida turistica che accompagna i malati in pellegrinaggio in Italia – dice Helene –. Poi un giorno, quando aveva 25 anni, mi ha confessato che andava a messa regolarmente a St. Augustine, un'imponente chiesa a pochi isolati dal suo appartamento a Brooklyn. Mi ha spiegato che da anni cercava un sistema di valori e che la fede cattolica era quello più vicino». Dean ha spiegato alla mamma di trovare conforto nella Messa. «È cresciuto disilluso dal consumismo e vede nella Chiesa un’alternativa – dice Helene –. Ma a quanto pare non è il solo motivo del riavvicinamento. Gli piace il concetto di libero arbitrio, il fatto che scegliamo noi se peccare o no, e che Gesù non è una vittima, perché ha scelto di morire». Incuriosita, Helene, che è una giornalista, ha fatto qualche ricerca e si è accorta di non essere sola: «Negli Usa ci sono molti genitori della mia età nella stessa situazione. Da qualche anno c’è stato un forte aumento nel numero di giovani che partecipano alla Messa». Alcuni inizialmente sono attratti dalla bellezza degli edifici «che insegna loro che sono piccoli nel mondo ma che Dio è con loro». C'è poi chi è attratto dai riti o dalla musica. «Molti vogliono appartenere a qualcosa di più grande di loro che li aiuti di fronte a tanta incertezza e ansia – spiega –. Vogliono pace. L’ansia è una cosa, ma essere da soli con l’ansia è terrificante».
Suo figlio le ha detto che un flusso costante di video su TikTok può distrarre, ma nel lungo termine non allevia la paura del cambiamento climatico, dell’intelligenza artificiale, delle guerre e della crudeltà contro gli immigrati. «Dean mi ha spiegato che in tanti oggi dicono ai giovani cosa dovrebbero volere, ma che loro stanno capendo ciò di cui hanno bisogno». Helene è affascinata dal fatto che Dean e i suoi coetanei non vanno a Messa per abitudine, come era successo a lei da ragazza, o per obbligo, ma alla ricerca di tradizioni, del mistero della fede, e di una risposta a tante domande a cui i loro genitori non sono stati e non saranno mai in grado di rispondere.
Per Helene è la prova che, «per quanto abbia provato a lasciare la Chiesa, lei non mi ha mai lasciata». Allora non è stata troppo sorpresa quando, una domenica di dicembre, alla fine della Messa che aveva seguito con Dean, il sacerdote le ha sussurrato: «Forse tuo figlio è lo strumento che ti riporterà indietro».
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