In pagina due facce, anche tre. Ieri "Corsera": in prima "fondo" di Giovanni Bianconi, "Il fronte della quotidianità", lucidissimo sul dramma della criminalità crescente che minaccia tutto e tutti. Ma lì sotto "Elogio della meditazione (metropolitana)" con seguito a p. 27 l'annuncio che oggi «la meditazione si fa in città e aiuta la mente». Ma da millenni la meditazione nella pratica cristiana è vita quotidiana. Opaco! Vale ancora di più, toccando una persona concreta a p. 33 – "Addii. Una vita gratuita da teologo operaio" – ove Paolo Di Stefano rievoca con simpatia la vita di don Luisito Bianchi, prete, scrittore, operaio (ottimamente ricordato qui ieri da Fulvio Panzeri) e lo definisce «inquieto e teologo eterodosso». Beh! Quanto alla "inquietudine" occorre intenderci: ogni uomo di fede è sempre anche inquieto. Così già sant'Agostino: «Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!». E l'imprecisione si fa grave nell'aggettivo «eterodosso». Direbbe deviazione dalla fede cristiana e cattolica, e allora no: don Luisito non è stato eterodosso. Del resto è scritto lì stesso, che ha vissuto «sul modello di don Mazzolari» che certo, se Papa Giovanni lo definì «la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana» non è stato eterodosso. Quando si toccano certi argomenti, e in centinaia di migliaia di copie, occorre più lucidità. Vale anche, sempre ieri, per un titolaccio del "Foglio" (p. 2) in cui si scrive che Benedetto XVI lavora per «blindare la dottrina». L'articolo, corretto, non giustifica quel «blindare», che invece viene dalla solita mania dei luoghi comuni sul Papa teologo ed ex Prefetto della Fede. «Conferma i tuoi fratelli» (Luca 22, 32) dice amicizia e tutela un depositum, non una cassaforte…
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