«Alla fine, grazie a Gigi Riva, ho capito che per noi che cercavamo e cerchiamo anche adesso un mondo più giusto, sarebbe bastato e basta ancora essere persone perbene, oneste, avere rigore morale e impegnarsi a fondo nelle cose della vita. Avere il coraggio, pagandone il prezzo, di saper dire di no a chi pensa di poter sempre comprare tutto».
Su questa riflessione si chiude il quaderno dei ricordi di Riccardo Milani, autore del docufilm Nel nostro cielo un rombo di tuono disponibile on demand su Sky), dedicato all’imbattuto capocannoniere della Nazionale italiana di calcio con 35 gol, protagonista di 315 partite con la maglia del Cagliari andando a segno 164 volte. Quel quaderno risale alle elementari del regista romano e conserva lo svolgimento di un tema su uno dei più grandi e amati calciatori di tutti i tempi. Da lì parte l’emozionante e articolato racconto cinematografico della vita di Luigi Riva detto Gigi (Gigione per i colleghi), nato nel 1944 a ridosso del campo sportivo dell’oratorio di Leggiuno in provincia di Varese. Ma Riva non è stato solo un grande campione dello sport (che giocava «un calcio in poesia» per dirla con Pasolini), è stato anche un uomo segnato dalla vita, coerente e coraggioso, fedele a valori autentici, legato in modo indissolubile a un popolo e a una terra, la Sardegna, dove arrivò nel 1963 e dove ancora vive. Un legame contrappuntato nel docufilm (il cui titolo si rifà all’appellativo «Rombo di tuono» coniato dal grande Gianni Brera) dal ritmo dei campanacci dei Mamuthones di Mamoiada con le loro misteriose maschere e l’affascinante danza. Per il resto non ci sono attori che rappresentano Riva e non ci sono voci narranti. Ci sono lui, i suoi ex compagni di squadra e la gente di Sardegna, saggiamente diretti da Milani per raccontare in modo corale (aneddoti compresi) una bella storia.© riproduzione riservata