Una delle tante sciagure di Port au-Prince fu la “sparizione” di Joe Gaetjens, «il bomber dai gol sporchi» prestato da Haiti al sogno americano per i Mondiali di Brasile 1950 (quelli del “Maracanazo” compiuto dall'Uruguay ai danni della Seleçao). Joe, padre belga e madre haitiana, era stato arruolato come “oriundo”. In America c'era arrivato da studente, borsista alla Columbus, e lì alle discipline a stelle e strisce preferì il soccer entrando nella squadra del Brookhattan. Giocò tutte e tre le gare a quei Mondiali, ma la sua perla rimane il “miracolo di Belo Horizonte”. Con i paisà Frank Borghi e Charlie Colombo, Joe piegò i maestri del football, gli inglesi. Usa-Inghilterra 1-0, gol di Gaetjens. Una rete che gli regalò una notorietà mondiale, ma non la cittadinanza americana. Così dopo una breve esperienza nel calcio francese, il mitico Joe se ne tornò nella natìa Haiti reinventandosi imprenditore e appoggiando alle elezioni un parente della madre, Luis Déjoie: l'avversario del famelico François “Papa Doc” Duvalier che se la legò al dito una volta instaurata la dittatura. L'8 luglio 1964 le squadracce della polizia, i Tonton Macoutes, andarono a prendere Gaetjens per rinchiuderlo nel «mattatoio», la prigione di Fort Dimanche, dalla quale non è più uscito vivo. Tanti gli appelli a suo nome, ma gli unici a ricordarsi di Joe Gaetjens sono stati i membri della United States National Soccer. Ora il suo nome brilla nella Hall of Fame.
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