Ho programmato delle riletture e ho preso dallo scaffale, arrampicandomi con qualche rischio, un romanzo di Brancati (edizione 1955). E sulla prima pagina ho trovato, non senza sorpresa, la firma d'un amico di allora (e anche di adesso). Chiamiamolo Eligio. Avevamo studiato insieme giurisprudenza, tra la fine degli anni 40 e l'inizio dei 50: allo stesso tavolo, esame dopo esame, io, lui e un terzo amico (carissimo, sempre). Eligio non mi pare fosse un grande studioso; ma era certo un ottimista, la cui tendenza a semplificare mi indisponeva e mi divertiva. Arrivava sistematicamente in ritardo, ci trovava avanti di non so quante pagine e le saltava con disinvoltura; ma arrivati all'ultima del manuale non mancava mai di ornarla con la scritta «Finis coronat opus». Gli ho telefonato, per restituirgli il romanzo di Brancati. È diventato un vecchietto rimpicciolito, compunto, ma abbastanza vivo, teso a resistere alla solitudine. Già: e io che vecchietto sono diventato? Quando nelle giornate di sole ci incrociamo siamo buffi, immagino: entrambi minuscoli, curvi, in maniche di camicia, coi panama in testa, appoggiati ai bastoncini… Due macchiette speculari. Eligio ha una badante ucraina, di cui è soddisfatto. Io faccio il badante. Aveva ragione lui, allora: finis coronat opus
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