venerdì 18 ottobre 2013
Ieri ho esposto, qui, un progetto assennato di confidenze a Dio. AffidarGli ogni pena, grande e piccola; meglio: intrecciare un continuo colloquio con Lui, mettendoLo al corrente di quanto ci capita e di ciò che pensiamo (anche se Lui sa già tutto). Perché Dio - l'Amore infinito, l'assoluto Bene che Lui è - vuole sempre il meglio per noi. Ma proprio ieri m'è toccato di prendere l'automobile, che lascio in garage l'intera settimana, da una domenica all'altra. Dovevo sentire una messa per l'anniversario d'un lutto. E salendo sull'automobile mi sono accorto, dal contrassegno esposto, che l'assicurazione era scaduta a maggio. Eppure ricordavo d'avere pagato la rata. Bene, saranno i nervi stremati, lo stress dell'età, ormai vivo così: mi sono tormentato per l'intera celebrazione, cercando invano di togliermi quella piccola cosa dalla testa; alla fine che importanza aveva (specie in confronto agli altri miei guai)? Ma si ostinava a premere, a riaffiorare, divenuta un'ossessione, una pena vera: e mi distoglieva dal seguire la messa. Ne dovevo subito parlare con Dio? Ci ho provato e riprovato, riuscendoci male. Ciò che mi premeva davvero era quel niente maligno. Solo fuori dalla chiesa sono riuscito a dirGli, a Dio: lo vedi quanto sono miserabile? Lo vedi il fango di cui sono fatto?
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