Don Milani insegna (anche) a leggere
venerdì 22 febbraio 2019
È sempre con soddisfazione e come compiendo un preciso dovere che segnalo in questa rubrica articoli e saggi usciti in rivista. Mi sento legato anche come autore al genere letterario-editoriale della rivista, del periodico mensile, trimestrale, semestrale. È vero che i supplementi cultura dei nostri quotidiani hanno tuttora e forse più che in passato una ricchezza e varietà notevoli e permettono anche (alcuni) di scrivere e leggere veri e propri saggi. Resta il fatto che la lettura di un testo che superi le diecimila battute non è esattamente il tipo di lettura adatta al lettore di quotidiani, oggi meno paziente e concentrato, più sbrigativo di quanto avveniva fino a un paio di decenni fa. La lettura, i modi e i tempi della lettura, la storia e il destino dell'atto di leggere sono una mia fissazione, forse perché non sono mai stato un divoratore di carta stampata, ma piuttosto un “ruminatore” che teme sempre di aver perso qualcosa per distrazione o smemoratezza. Perfino i giornali preferisco leggerli a tavolino e con una matita in mano come fossero libri. Conservo (spesso inutilmente) articoli per la cui lettura mi riprometto immaginosamente di trovare in futuro più tempo e tranquillità. Quando ero studente universitario, il periodo più intenso e decisivo, credo, della mia formazione, mi formulai come disciplina mentale una regola donchisciottesca che poteva andare bene in epoche remote, ai tempi di Seneca o di Erasmo: «Cerca di leggere solo cose che meritano di essere rilette». Trovo sul numero 254 di Una città, appena uscito, uno scritto di Alberto Saibene su don Milani intitolato semplicemente Un rivoluzionario, titolo motivato dalla sua frase conclusiva: «Non so se fu un santo, di certo un rivoluzionario». Frase che sembra concludere e invece, a volerci riflettere, potrebbe aprire il discorso. Non c'è fondatore di religione che non sia stato «rivoluzionario» nella sua nuova interpretazione e insieme riproposta del passato. Ma purtroppo la storia è piena di rivoluzionari in senso politico con maggiore inclinazione al crimine che alla santità. Don Milani ebbe comunque virtù rivoluzionarie nel suo insegnare ai ragazzi come e che cosa leggere e scrivere. Suggeriva in fondo che la lettura dovrebbe essere parente stretta della meditazione e della preghiera, servire cioè a migliorare la vita della mente, primo passo necessario verso il miglioramento della vita. Che si scriva o si legga, anche la parola stampata è un campo in cui il bene e il male (da ridefinire in ogni occasione) si contendono ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra attenzione. Dall'ottimo articolo di Saibene, tutto da leggere, rubo una frase che Lorenzo Milani disse qualche tempo prima della propria conversione religiosa al suo amico di gioventù Oreste De Buono: «Sai che ho letto la Messa, è molto più interessante dei Sei personaggi in cerca d'autore».
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