Non è superstizione quella che si fida e si affida a Dio per affrontare le ferite e le sofferenze che inevitabilmente segnano il nostro percorso esistenziale. Non c’è, infatti, un rapporto di “interesse reciproco” che funziona grazie alla recita di qualche “formula magica”: i cristiani sanno che l’unica cosa che sono chiamati a fare è aprire le braccia verso l’amore infinito di Dio. Tutto il resto ha senso a partire di questo atteggiamento. Ed è questo il messaggio custodito nella devozione popolare per san Biagio. È uno dei 14 «santi ausiliatori», ai quali viene attribuita una speciale protezione contro alcuni malanni: essi sono i testimoni della vicinanza divina nella nostra quotidianità con i suoi imprevisti e le sue prove. Tra loro, appunto, c’è anche san Biagio, martire e vescovo di Sebaste, vissuto tra il III e il IV secolo: a lui è affidata la protezione dai mali della gola. Una devozione che deriva da un episodio della sua biografia: egli, infatti, avrebbe guarito miracolosamente un ragazzo (o un giovane) al quale si era conficcata una lisca di pesce proprio in gola. Secondo l’agiografia Biagio era un medico, divenuto poi vescovo; venne arrestato, torturato e ucciso nel 316 durante una persecuzione scoppiata a causa di alcuni contrasti tra gli imperatori Costantino e Licinio. Le reliquie di san Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea (Potenza), dove arrivarono nel 723.
Altri santi. Sant’Oscar (Ansgario), vescovo (800-865), beata Maria Elena Stollenwerk, religiosa (1852-1900).
Letture. Romano. 1Re 3,4-13; Sal 118; Mc 6,30-34. Ambrosiano. Es 25,1-9; Sal 96 (97); Eb 7,28-8,2; Gv 14,6-14.
t.me/santoavvenire
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