L'Europa tutta sta affrontando oggi un'emergenza epocale e (ancora) sottovalutata nei suoi effetti, quella della denatalità. E i lettori di "Avvenire" lo sanno bene. In nessun Paese del Vecchio Continente il tasso di fertilità raggiunge oggi la soglia di 2.1, necessaria perché la popolazione rimanga costante. Ma in questo scenario comune, i divari tra i diversi Paesi sono enormi: come ha chiosato il demografo Ron Lesthaeghe "per quanto riguarda l'economia è la Germania l'uomo forte d'Europa; ma quando si parla di demografia la Francia è la nostra donna fertile". Quanto all'Italia, in questo ambito è un "fantasma": battuto ripetutamente negli ultimi anni il record negativo di nascite, il nostro è oggi il Paese europeo con le madri più vecchie. Ma sembra non reagire, inconsapevole e fatalista.
L'assenza della questione dalle agende di Governi e partiti in Italia negli ultimi vent'anni, da quando il fenomeno della denatalità è diventato evidente, è una responsabilità politica tra le più gravi della nostra classe politica. Il confronto che fa più male è quello con la Francia: i due Paesi presentano livelli di longevità, reddito pro-capite e qualità della vita molto simili, ma dinamiche di natalità molto diverse. Come è noto, il nostro tasso di fecondità (1,34) è molto più basso del loro (1,96): gli italiani hanno in media il primo figlio dopo i 30 anni, quando i francesi stanno per avere già il secondo. La conseguenza? Oggi abbiamo ben 6 milioni di under 35 in meno rispetto alla Francia.
Eppure basterebbe copiare (bene) il "modello francese". A iniziare dal sistema di tassazione: il quoziente familiare transalpino calcola l'imposta non solo in relazione al reddito complessivo, ma anche in funzione delle persone a carico. Altrettanto importante è la gestione dei servizi per l'infanzia. Fin dai due mesi di vita i neonati francesi possono essere affidati agli asili: il 40% dei bimbi sotto i 2 anni viene affidato ai servizi per l'infanzia e il 92% di quelli tra i 3 e i 6 frequenta la scuola materna. Anche perché i costi di questi servizi sono "calmierati" grazie all'intervento dello Stato, che finanzia anche le attività rivolte ai bambini più grandi negli orari di chiusura delle scuole.
Ma c'è un altro aspetto da non sottovalutare: secondo numerose ricerche gli uomini italiani tendono a farsi carico delle fatiche familiari meno dei "colleghi" francesi o tedeschi. Un fenomeno che potrebbe essere all'origine anche della generalizzata incapacità politica di farsi carico del problema demografico, ovvero di quello sguardo politico (italiano) che si è fatto terribilmente "corto". Auguriamoci che questa campagna elettorale ci porti buone notizie: non può passare inosservato il fatto che Giorgia Meloni abbia posto con enfasi il tema in testa alle sue priorità, che Luigi Di Maio abbia proposto l'adozione del modello francese e che Matteo Renzi insista sul rafforzamento dei bonus per la natalità. Sono rondini che faran primavera, subito dopo le elezioni?
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