Entra nel vivo la riforma delle imposte sui redditi dei lavoratori e dei pensionati. Vantaggiosa soprattutto per chi percepisce redditi entro 28mila euro. Per tutti i titolari di pensioni, compresi i sacerdoti nel Fondo di previdenza per il clero, l’Inps da venerdì 1° marzo applica la nuova tassazione sulla rata in riscossione, alla posta o in banca. La riforma è entrata in vigore dal 1° gennaio scorso, per cui la stessa rata include i conguagli relativi ai mesi di gennaio e di febbraio. In dettaglio, cosa cambia rispetto al 2023? Fino al reddito di 15mila euro la pensione era soggetta all’aliquota Irpef del 23% e tale resta anche nel 2024. Sul reddito superiore fino a 28mila euro si pagava nel 2023 il 25%. Questa differenza è ora abolita e su tutta la pensione vale l’Irpef del 23%. Nel Fondo Clero la pensione di vecchiaia con 40 anni di contributi (oppure di invalidità) sfiora quest’anno i 9mila euro lordi e non subisce variazioni fiscali. In questa condizione si trovano – secondo i dati Inps – 5.300 sacerdoti che hanno solo la pensione del Fondo. Qualcosa cambia invece, in meglio, per i sacerdoti che riscuotono anche una pensione pubblica come docenti di religione. Bisogna considerare che a norma l’Inps deve applicare l’Irpef sul reddito complessivo delle due pensioni. Pertanto se il secondo assegno non supera circa 17mila euro lordi (differenza tra i 28 mila dello scaglione e i 9 mila della pensione Fondo) gli interessati usufruiscono per intero dell’imposta unica del 23%. La differenza sull’Irpef del 2023 è di circa 65 euro mensili. In queste situazioni, cioè sacerdoti titolari di due pensioni, non ha effetti la riduzione di un terzo della pensione del Fondo, che resta immutata nei suoi valori perché derivante da una legge previdenziale e non da una normativa fiscale. Anche se il trattamento minimo del Fondo è stato riva-lutato nel 2024, non cambia il rapporto di “un terzo”, attualmente con un importo massimo di 240 euro mensili.
Sostentamento. La nuova legge fiscale interessa anche il sostentamento dei sacerdoti in servizio nelle diocesi italiane. Tuttavia, per evitare onerosi conguagli di fine anno per le addizionali regionali e comunali, l’Istituto Centrale applica mensilmente, entro lo scaglione dei 28 mila euro, un’aliquota fiscale maggiorata, il 24,3%
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