Sul blog Moralia ( bit.ly/3cWyQDW ), curato dai teologi moralisti dell’Atism e ospitato sul sito de “Il Regno”, Gaia De Vecchi ha avviato dal 15 aprile una serie di post intitolata «Abitare diversamente», che fonda sulla condizione di casalinghi imposta a tutti dal Coronavirus alcuni criteri su come abitare la casa nel futuro differente che ci aspetta. Nella prima puntata ha sostato sulla soglia, «confine» e insieme «varco». Chiedendosi con quale criterio l’attraverseremo nuovamente (quando ci sarà consentito), se penseremo a difenderci o a relazionarci. La seconda puntata, rilanciata anche da Re–blog ( bit.ly/2Yk7Aew ), l’ha condotta – scelta sorprendente solo all’apparenza
– in bagno. È, inscindibilmente, luogo «dello scarto e della cura» di sé; luogo di una «relazione tra il nostro corpo e la nostra anima» che si può vivere «come privacy o come intimità»; luogo «di igiene». Di qui l’ipotesi della teologa: farne il teatro di «tre conversioni/rinnovate alleanze etiche». La prima: convertirsi dall’individualismo del «lavarsene le mani» all’orizzonte comunitario del «lavarsi le mani». La seconda: riflettere sulla «forza etica» dei desideri oltre che dei bisogni. La terza: rinnovare l’alleanza tra etica e (forza) estetica: non quella generata dalle leggi del mercato, ma «quella che ci spinge ad andare “oltre” e “dentro”», che invita «alla verità» e «alla Verità», dice chiamando a testimone l’«uomo dei dolori» descritto dal profeta Isaia. Mentre metto il mio «like» penso che per partire dal bagno e arrivare a uno dei passi più vividi dell’Antico Testamento non bastano a Gaia De Vecchi i molti titoli e incarichi accademici: occorre anche un allenamento a spiegare le «grandi questioni» muovendo dai «piccoli gesti», che sospetto le venga dal suo essere (anche) insegnante di religione. Attendo le prossime stanze: sperando che la casa che fa da scenario a questa serie di post sia abbastanza grande da prolungare quanto più possibile l’utile e il dolce della lettura.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: