Ieri sono stato invitato, insieme a Gigio Rancilio, a prendere la parola nel programma di Vatican News - Radio Vaticana "In prima linea. Vivere con fede al tempo del Coronavirus", condotto per l'occasione dalla brava Antonella Palermo. Il tema era «Cattolici e digitale durante e dopo la pandemia» ( bit.ly/3c4N5Wo ), cosicché, per prepararmi, mi sono riguardato le storie che ho raccontato nelle ultime settimane, quando il tema ha pressoché monopolizzato questa rubrica nonché l'intero flusso dell'informazione. Ho indicato nella creatività l'aspetto che più ho apprezzato. Ovvero: in una situazione critica, nella quale però era anche maggiore lo spazio lasciato alla invenzione, clero, religiosi e laici hanno saputo esplorare le possibilità offerte dalla Rete con un'intensità imprevista e impensabile in condizioni normali. Dal canto suo Rancilio ha insistito sul valore delle relazioni che in questo tempo sono state costruite, per le vie digitali, all'interno della comunità ecclesiale, e sull'esempio che alcune nuove voci affermatesi possono rappresentare per chi, invece, ancora pensa di poter frequentare i social network con i linguaggi tradizionali della pastorale.
Mi sembra che faccia sintesi di questi due fuochi – la creatività e il linguaggio – l'intervento che Diego Andreatta ha pubblicato sul blog "Vino Nuovo" all'indomani della «ripartenza» delle messe festive. Lo posso riportare integralmente: «"Può essere prevista la presenza di un organista, ma in questa fase si ometta il coro". Così il Protocollo Cei-Governo ieri vissuto con buon senso familiare: in una chiesa il coretto al microfono era composto di due genitori e dalle loro tre figlie!». Dove l'innocente elusione di una norma poco digeribile dalle parrocchie contiene uno buona dose di creatività - sebbene, in questo caso, non digitale – ed è raccontata con un post di soli 250 caratteri in un nuovo spazio appositamente allestito all'interno del blog. Manco a dirlo, s'intitola: "Post-it" ( bit.ly/3erpmSd ).
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