A Roma nel Giubileo del 1600 una nuova “compagnia” pensava solo agli ammalati. A capo un certo Camillo De Lellis, nato a Bucchianico, presso Chieti, il 25 maggio 1550. La madre, Camilla anche lei, “per devozione” lo fa nascere in una grotta, poi lo sogna con una croce rossa sul petto e pensa un suo futuro da delinquente, ma muore e lui, tredicenne irrequieto e spavaldo, attaccabrighe e ostinato, segue in varie imprese militari il padre che però muore nel 1570, prima di partire per Lepanto. Camillo ventenne è solo a Roma, e una brutta piaga sul piede lo porta al San Giacomo degli Incurabili. Guarisce e fa il soldato in Dalmazia e a Tunisi fino al 1574, ma perde tutto al gioco e fugge in convento a Manfredonia di Puglia. È fratello Cappuccino, ma la piaga gli si riapre e nel 1575 deve tornare al San Giacomo. Vi rimane 4 anni: incontra Filippo Neri, Ignazio di Loyola, Felice da Cantalice, impegnati e mistici insieme, e si converte. Guarisce e torna tra i Cappuccini, ma la piaga si riapre e quelli lo cacciano. Torna al San Giacomo e guarisce di nuovo. D'ora in poi lì è la sua “bottega di vita”: il suo mestiere sarà solo pensare agli ammalati. Come Ignazio vuole anche lui una «Compagnia – scrive – di uomini da bene che si consacrino ai malati per solo amore di Dio e con il distintivo della Croce»: rossa sul petto, come nel sogno della madre, Camilla. Riprende gli studi, diventa prete nel 1584 a San Giovanni in Laterano e l'8 settembre con i “Compagni” si stabiliscono a via di Ripetta. Da lì, ogni giorno, passano il Tevere e vanno al Santo Spirito: dai malati. Sisto V nel 1586 gli approva la Compagnia dei ministri delli Infermi: tre voti, povertà, castità e obbedienza, e lui ne pensa un quarto come Ignazio di Loyola: non l'obbedienza totale al Papa, ma «la perpetua assistenza corporale e spirituale ai malati, ancorché appestati». Vale l'ordine della parole: prima l'assistenza corporale, poi quella spirituale. Lo spiega chiaramente: «pensare al corpo prima dell'anima, al corpo per l'anima, l'uno e l'altro per Cristo, e infine per Iddio». «Ognuno – aggiunge – guardi al malato come alla persona del Signore». Le sue Regole, non per servire e lodare il Signore o la Chiesa, ma per ben servire gli Infermi. Altra aggiunta per sé e per i suoi: non accetteranno mai direzione e amministrazione di “spedali”. Si finirebbe per pensare di più allo Spedale che agli ammalati! E dentro gli ospedali «Ognuno si guardi di non fare del riformatore, o sindico, o correttore per li hospitali, ma presto si sforzi di insegnare più con opere che con parole, e conservarsi amorevoli tutti quelli che suono nelli hospitali». Nel 1607 lui stesso si dimette dal governo dei suoi per poter pensare fino alla morte solo agli ammalati. Insiste spesso: “Scientia” e “caritas” debbono andare insieme. Conoscere, capire e amare: una sola cosa nell'Ospedale non basta. Nascono così i Figli di san Camillo, poi arriveranno le Ministre degli Infermi, le Figlie di san Camillo, e le Missionarie degli Infermi. Una sola regola d'oro: «Seguire gli infermi con l'affetto di una madre per l'unico figlio». Non “un” figlio tra altri, sia chiaro, ma l'unico “Figlio”! Il Giubileo del 1600 lo trova con i suoi nell'assistenza ai malati. Quattro volte a settimana partecipa al pellegrinaggio giubilare delle Sette chiese, con i suoi in cerca di eventuali ammalati tra i pellegrini. Hanno scritto che la sua è stata «nova schola caritatis, spectaculum angelis, et exemplar hominibus». Certo: ma con il suo stile. Ecco dagli originali del tempo il menù per i pellegrini del Giubileo alla Maddalena, il quartier generale delle sue truppe nell'Anno Santo del 1600: «Un gran piatto d'insalata, et uno simile di carne vaccina o agnello, rifredda, tagliata in pezzi a mezza libra per testa et una minestra et un bocaletto di vino et una pagnotta». Testa in cielo, insomma, ma piedi in terra: il segreto di ogni santità. Del resto nella sua storia tutto comincia e dipende da quella piaga al piede. Il 14 luglio 1614 muore tranquillo – lo dicono protettore di quelli che vogliono una morte serena – a Roma, alla Maddalena, dove è sepolto fino ad oggi. Nel 1746 il grande Prospero Lambertini, Benedetto XIV, lo proclama santo. Leone XIII lo nomina protettore degli ospedali e degli Infermi, Pio XI patrono di tutti quelli che assistono gli ammalati. Insomma: un amico degli uomini, e un amico di Dio. San Camillo De Lellis: un abruzzese dal cuore grande come quello di Cristo.
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