Oggi, 7 febbraio, si celebra la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, ricorrenza che dal 2017 pone l’attenzione su una piaga ancora troppo diffusa e che dalla realtà, principalmente quella degli istituti scolastici, si è estesa anche alla realtà virtuale, alla rete. Bullismo e cyberbullismo restano purtroppo una delle minacce più temute tra gli adolescenti, dopo droghe e violenza sessuale. Si stima che il 25 per cento dei ragazzi sia stato bullizzato a scuola e, secondo una ricerca del 2022 dell’“Osservatorio indifesa”, sei adolescenti su dieci hanno assistito o hanno vissuto sulla loro pelle atti di bullismo o cyberbullismo. Con bullismo si intende un comportamento aggressivo, violento, fisico o verbale, intenzionale e prolungato nel tempo nei confronti di una vittima incapace di difendersi, come deridere o picchiare un compagno più piccolo, tormentare via chat con messaggi o foto insultanti. Le vittime denunciano il profondo dolore provato per discriminazioni di ogni tipo, offese, body shaming, atti di denigrazione, violenza e perfino incitamento al suicidio. Come e dove combattere, dunque, il bullismo? Prima di tutto sul suo territorio, cioè a scuola, ma non solo. Un altro importante alleato è lo sport, che insieme alla scuola e alla famiglia, è da sempre una vera agenzia educativa. Lo sport e gli sportivi possono essere uno stimolo positivo per prevenire questi fenomeni, per aiutare le vittime ad aprirsi e ad avere una maggiore sicurezza in sé stesse. L’attività sportiva è un alleato fondamentale nella lotta al bullismo per il suo indubbio valore sociale, educativo che, insieme alla promozione del benessere psico-fisico, sono dal settembre scorso anche riconosciuti dalla Costituzione della Repubblica nell’ultimo comma dell’articolo 33. La palestra e qualsiasi altro campo di gioco rappresentano un ecosistema dove la sincerità, la lealtà, il rispetto (per i compagni, per gli avversari, per l’arbitro) sono valori non accessori, ma necessari. L’attività sportiva, il movimento dei corpi, non è solo una positiva valvola di sfogo per scaricare tensioni che potrebbero altrimenti esplodere in atteggiamenti violenti, ma un modo di indirizzare energie verso finalità costruttive e che richiedono un’interazione positiva, collaborativa, fra compagni di squadra. Chiunque abbia frequentato uno spogliatoio sa che le “vere” squadre diventano tali proprio quando sanno nutrirsi delle differenze e dei diversi punti di forza degli individui che le compongono. E non solo: le “vere” squadre sono il luogo dove le singole debolezze trovano supporto e conforto. Questa interazione, la necessaria cooperazione che è la linfa vitale di ogni squadra e l’infinita ricchezza rappresentata dalla somma delle differenze di chi quelle squadre le compone sono proprio l’antitesi del bullismo e ne rappresentano un efficacissimo antidoto. E lo sforzo necessario per raggiungere un risultato (qualsiasi esso sia, dal torneo dell’oratorio ai Giochi Olimpici) è il miglior antidoto all’eccesso di digitalizzazione, alla navigazione solitaria, talvolta al naufragio, in quello oceano virtuale che diventa territorio di caccia del cyberbullismo. Educare allo sport significa formare nuovi cittadini consapevoli e responsabili, è il miglior strumento per puntare sulla crescita personale e sull’autostima e, con i suoi principi e le sue regole, è uno dei mezzi più efficaci per prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo.
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