Luca Barbareschi in versione buonista che quando arriva al termine della prima puntata della seconda stagione di In barba a tutto (la domenica in seconda serata su Rai 3) si augura che il suo programma lasci «un po’ di zucchero nel cuore dei telespettatori, qualcosa di bello, di piacevole e che l’appuntamento sia un appuntamento di serenità, in barba soprattutto a chi ha l’abitudine di parlar male degli altri». Da qui l’invito a iniziare a parlar bene degli altri così che tutto cambi. Eppure, era partito annunciando che «qualcosa di storto» dei suoi anni giovanili gli era rimasto. Di quei «Settanta in cui si poteva dire tutto quello che si voleva, che si poteva leggere Ovidio, mentre oggi Le metamorfosi sono proibite nelle università americane». Per di più l’intelligenza artificiale, tema della puntata, gli suggeriva attraverso ChatGPT questa introduzione: «Bentornati esploratori della conoscenza nel nostro caotico salotto di idee ribelli in barba a tutto». In realtà anche questa nuova edizione ha poco a che fare con l’annunciato «talk show spiazzante, ironico, controcorrente, pop, alto e libero». Indubbiamente Barbareschi sa il fatto suo e sa stare davanti alle telecamere, ma siamo nella normalità di qualsiasi altro talk, anche se sostenuto nel ritmo dalla musica dal vivo della Marco Zurzolo Band, dalla breve durata e, da quest’anno, dalla presenza del pubblico. Anche la prima ospitata con Serena Rossi per parlare di intelligenza artificiale non è sembrata la scelta migliore. Sul tema la pur brava attrice ha detto quello che poteva dire, salvata a più riprese dall’intervento dell’imprenditore digitale Matteo Flora. L’unica vera stoccata politicamente scorretta è arrivata al termine dell’intervista a Vera Gemma, quando l’attrice figlia d’arte ha accusato Valerio Mastandrea di non aver mai riconosciuto di essere diventato attore grazie a lei.
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